ULTRAMONDI

Il serpente disse alla donna: È vero che Dio ha detto: non dovete mangiare di nessun albero del giardino? Rispose la donna al serpente: dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto non dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete. Ma il serpente disse alla donna: non morirete affatto! Anzi, diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male. Allora la donna prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito...

 

Genesi 3,1-6

 
Tiziano, Il Peccato Originale, 1550

Rubens, Il Peccato Originale, 1617

Il bisogno di sperimentare, conoscere, scoprire appartiene all’uomo fin dalla nascita. Dalla conoscenza del proprio corpo, l’esperienza del dolore e del piacere, della fame, della sete, del freddo, della debolezza, della vergogna, del bisogno, nasce lo stimolo e il desiderio della conquista. La percezione della libertà stimolerà l’intelligenza, la fantasia, l’orgoglio. Il desiderio dell’uomo di superare i propri limiti è da sempre il motore fondamentale per l’evoluzione dell’intera umanità. Il cielo è stato da sempre, per lui, colmo di misteri e meraviglie. Nelle antiche civiltà era la dimora degli dei e degli eroi mitici, simbolo della perfezione, puro e incontaminato, separato dal mondo materiale, imperfetto, fallace e impuro. La storia dell’umanità è caratterizzata dallo sforzo di collegare questi due mondi esplorando lo spazio. Dal punto di vista filosofico l’ipotesi che esistessero più mondi è antica; già gli atomisti greci parlavano di possibili mondi fuori dalla terra e tale idea si rafforzò dopo la rivoluzione copernicana quando nell’immensità dell’universo apparvero miliardi di galassie. Prima che l’uomo violasse i confini terrestri diversi teologi e scienziati definirono il viaggio spaziale atto d’orgoglio e arrogante blasfemia, alcuni scrittori di fantascienza come una versione moderna dell’ascesa di Giacobbe verso il cielo. Lo scrittore inglese Clive Staples Lewis (autore de Le cronache di Narnia e di Trilogia spaziale) era indignato dalla prospettiva della colonizzazione dell’Universo. A suo avviso, l’uomo dopo aver devastato la terra avrebbe devastato anche l’universo. Ora, dipendenti come siamo della tecnologia spaziale, guardiamo a tali credenze come anacronismi culturali.

L’esistenza di universi coesistenti al di fuori del nostro spazio-tempo è un’ipotesi della fisica teorica. Il concetto di Multiverso è stato proposto da Hugh Everett nel 1957, con l’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica. Per muoversi nello spazio gli scienziati parlano di un cunicolo spazio-temporale, (ponte di Einstein-Rosen), una ipotetica caratteristica topologica dello spazio tempo, una scorciatoia per muoversi da un punto all’altro dell’universo, o da un universo a un altro, viaggiando più velocemente. Già nel 1916 Ludwig Flamm, rifacendosi alla teoria ottocentesca della quarta dimensione, aveva pensato a una sorta di cunicolo per spostarsi nello spazio e nel 1921 Herman Weyl ampliò lo studio in relazione alle sue analisi della massa in termini di energia di un campo elettro-magnetico. Attualmente la teoria delle stringhe, ancora in fase di sviluppo, tenta di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale che potrebbe costituire una teoria del tutto. È ancora impossibile sfruttare le dimensioni spaziali per viaggiare nello spazio e nel tempo, c’è la censura cosmica. Ma non esistono censure per gli autori di narrativa, fumetti e cinema. Universi e dimensioni parallele sono nati prima nella mente degli artisti. (L’espressione Universi paralleli è attribuita allo scrittore statunitense Murray Leinster). I concetti scientifici erano stati descritti ed esplorati e talvolta la loro esplorazione ha anticipato quella scientifica. In molte opere, oltre alla descrizione di mondi alternativi e viaggi nel tempo, gli autori dando sfogo alla fantasia più sbrigliata esprimono concetti filosofici sulle motivazione dell’essere e sulla teleologia. In molti è implicita la domanda se l’universo sia organizzato in vista di un fine e dipenda da una volontà divina e provvidenziale o sia immanente alla natura, unico principio di vita.

Nel 1877 Dostoevskij ne Il sogno di un uomo ridicolo scrive di un uomo chiuso in se stesso e talmente indifferente nei confronti della vita e degli altri che decide, osservando una stella in una fredda notte a Pietroburgo, di uccidersi con una rivoltella. Sulla soglia di casa una bambina chiede aiuto, egli la scaccia malamente ma poco dopo si rende conto di provare un sentimento di pena mai provato prima. Meravigliato, cerca di capire donde nasca questo sentimento che mette in dubbio la sua totale indifferenza. Qualcosa in lui si sta incrinando. Si addormenta e sogna di spararsi un colpo al cuore e di assistere alla sua sepoltura dalla quale viene tratto fuori da un essere angelico che lo porta in un pianeta lontano, molto simile alla terra. Qui vivono uomini perfettamente incoscienti e felici, in armonia con se stessi e con la natura, è un Eden dove non c’è conoscenza data dalla scienza, c’è amore ma non c’è sessualità. Egli, attraverso la storia dell’uomo, porta la contaminazione, nasce la sensualità che genera desiderio, invidia e divisioni, la scienza e le religioni e le guerre in nome della giustizia. Si ritorna gradualmente al nostro mondo. È implicito il giudizio morale e la convinzione che il sapere è superiore al sentimento e la coscienza della vita è superiore alla vita stessa. Per Dostoevskij il desiderio di conoscenza mette a repentaglio l’armonia primigenia, il vagheggiamento di un Eden appartiene al sogno. 

Nel 1937 William Olaf Stapledon scrive Il costruttore di stelle. Un professore di filosofia, contemplando le stelle da una a collina vicino alla casa, cerca una risposta alle domande esistenziali. Una sera, dopo aver subito uno spaesante processo di perdita del corpo, si trova inaspettatamente lontano dalla terra, proiettato ai confini dello spazio e della realtà fra innumerevoli luoghi sparsi nell’universo. Guidato solo dalla volontà, è libero di viaggiare oltre i confini della galassia e i muri del tempo, incontra altre forme di vita che abitano in un pianeta chiamato “altra terra” e si pongono le sue stesse domande sul senso dell’esistenza. Unito spiritualmente ad altre presenze con culture e intelletti variegati assisterà alla creazione, alla nascita e al declino di migliaia di mondi nella speranza di raggiungere un alto grado di coscienza e una mente cosmica. Raggiunto un livello di coscienza elevata, vede scomparire molte razze distrutte dall’odio o da cataclismi cosmici e si accorge infine, dopo un eterno migrare, di essere semplicemente un capolavoro del “Costruttore di stelle”, che tutto ciò per cui ha lottato una banale istanza di una mente cosmica, fuori da ogni immaginazione. Aldilà di qualsiasi speculazione sulla condizione umana, la natura procede su una scala di spazi e tempi di cui è difficile farsi un’idea. Questi temi negli anni seguenti saranno sviluppati ed elaborati da vari autori di fantascienza. La descrizione di un’evoluzione spirituale e culturale di quelle civiltà, che non sono cadute in un imbarbarimento della mente e dei costumi, ricalcano il filone del movimento transumanista volto verso un risveglio culturale e morale e una consapevolezza delle grandi potenzialità della razza umana. 

Nel 1955 Isaac Asimov ambienta una storia dopo il XXVII secolo, epoca in cui esiste il “non tempo” che permette l’accesso a tutti i tempi, salvo i secoli nascosti. Una casta di uomini riuniti in una organizzazione sovranazionale e sovratemporale, formata da uomini speciali, gli “Eterni”, situa la sua sede in una dimensione chiamata “Eternità” diversa dal tempo della terra. Sono destinati a viaggiare, usando i cronoscafi, negli infiniti millenni popolati dagli uomini. Possono mettere in collegamento varie epoche terrene con lo scopo di modificare, correggere i vari traumi e danni causati dalla specie umana e aiutarli a trovare un equilibrio. Ma eternità non significa libertà. Gli Eterni controllano la vita di ogni essere, la loro esistenza può essere modificata o annullata all’istante e, per innumerevoli volte, possono essere spostati avanti e indietro per milioni di secoli, entrando e uscendo dal mondo del tempo a quello eterno fuori dal tempo. La casta scelta degli Eterni, che ha il compito di portare pace e armonia è formata da uomini profondamente infelici. Strappati dal loro tempo e dalla famiglia da piccoli ed educati a reprimere i sentimenti, non hanno idea di cosa sia la libertà e agiscono come perfette macchine pensanti. Non conoscono l’amore fino al giorno in cui una donna entra per caso nell’Eternità. Accade che, nel secolo 482, Andrew Harlan, il protagonista, sorvegliando la casa di una signora aristocratica, si accorge di provare qualcosa di sconosciuto, un sentimento strano. Nasce una storia d’amore e Andrew si trova ad avere nelle sue mani il destino della casta o la possibilità di ridare all’umanità una storia imperfetta ma libera. È La fine dell’Eternità. 

Fantasy, fantascienze e horror hanno interessato la letteratura, il cinema e la televisione dove abbondano le saghe. Tra i molti autori Stephen King con La torre nera raccontata in otto romanzi, J.R.R. Tolkien e le sue opere ambientate nella Terra di Mezzo, le Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin, la saga di Shannara di Terry Brooks. L'italiano Leonardo Patrignani ha scritto la trilogia Multiversum, ambientata in un’epoca tra i nostri giorni e una civiltà futura lontana 500 anni dalla nostra.

In uno scenario di emancipazione dell’umanità, l’uomo del nuovo secolo dovrebbe assumere consapevolmente il compito di guidare il generale processo evolutivo. Scienze e tecnologia porteranno sicuramente cambiamenti e alterazioni sia nella natura che nelle possibilità delle nostre vite. Si ipotizza una evoluzione autodiretta guidata dalla intelligenza umana che sostituisca quella per selezione naturale casuale; mentre l’ingegneria genetica, attraverso la manipolazione della materia a livello atomico e molecolare (la nanotecnologia), dovrebbe rendere l’uomo più responsabile, grazie anche alle interfacce tra la mente e le macchine. Secondo il pensiero transumanista non esistono forze naturali che guidino l’umanità e solo l’applicazione di scienza, ragione e tecnologia potranno ridurre la povertà, la malattia, la disabilità, la malnutrizione e i governi oppressivi. 

Un film di fantascienza del 2019, Vivarium di Lorcan Finnegan, racconta di Gemma e Tom, una giovane coppia alla ricerca di una casa in cui vivere e fare famiglia. Accompagnati da Martin, impiegato di un’agenzia immobiliare, visitano Yonder, un quartiere residenziale in periferia, un labirinto di case tutte uguali dove non esiste ombra di vegetazione o immagini di vita, non suoni, alberi, animali o piante. Martin, dopo aver mostrato loro la villetta n°9 si eclissa e scompare. I due ragazzi, rimasti soli cercano di andare via ma continuano a girare a vuoto per ritrovarsi sistematicamente sempre davanti al n°9. Infine senza benzina e con i cellulari muti sono costretti a passare la notte nella casa. La mattina seguente Tom, arrampicatosi sul tetto, scopre che il quartiere si estende all’infinito in tutte le direzioni fino all’orizzonte. Intanto d’avanti al n°9 è comparsa una scatola con del cibo. Tom disperato dà fuoco alla casa; la trovano ricostruita e in più in un’altra scatola un neonato con un biglietto: “Crescete il bambino e verrete lasciati andare”. Comincia per loro una vita da incubo. Il bambino cresce velocemente, pretende continue attenzioni e controlla la coppia in ogni momento, salvo quando guarda strane immagini proiettate sul televisore. Tom scopre che il terreno non è costituito da terra ma da una sostanza artificiale, per cui comincia a scavare, scavare, scavare ossessivamente, Gemma, tenta di avvicinarsi di più al ragazzo che appare incapace di immaginare, sognare e pensare autonomamente. Continuando a scavare, Tom trova un sacco sottovuoto per cadaveri. La sua mente non regge, muore poco dopo e viene gettato nel buco. Gemma tenta di colpire il ragazzo che scappa attraverso un bizzarro passaggio sotterraneo, lo segue e scopre altre coppie prigioniere come lei in un altro mondo che si estende all’infinito “aldisotto”. Disperata muore anch’essa e il ragazzo, dopo averla chiusa in uno dei sacchi sottovuoto e sepolta nella stessa buca, raggiunge l’agenzia immobiliare, prende il cartellino di Martin in fin di vita e diventa il nuovo Martin in attesa di nuovi clienti. In questo film dove la terra non è terra, l’istinto materno è finto, l’ordine dentro e fuori è di una perfezione senza anima, ogni personalità viene cancellata per uniformarsi a ciò che altri hanno deciso. La parola chiave di questo film è la scomparsa della legge di natura. Uccisa la fantasia e l’originalità, gli umani devono adeguarsi a un mondo imposto dall’esterno, possono essere nutriti ma con cibo che non ha sapore, la vita stessa sembra duplicarsi in copia carbone in una distopica visione di una realtà immaginaria del futuro prevedibile sulla base di una tendenza del presente. Il bambino è figlio di una nuova specie alienata che sta colonizzando il mondo approfittando della debolezza di una società senza “anima”.

da Vivarium di Lorcan Finnegan

Ne La vita è meravigliosa di Frank Capra l’ipotesi di un aldilà serve a insegnarci che ogni giorno che nasce è un miracolo che si ripete. L’angelo custode mostra allo sfortunato George Bailey come sarebbe stato il mondo se non fosse mai nato e come ogni esistenza può contribuire a renderlo migliore. Si scopriranno magari molti universi al di fuori di noi ma nessuno sarà equiparabile ai molti possibili mondi dentro di noi. La mente è più grande del cielo, scriveva Emily Dickinson, perché se li metti a fianco, l’una contiene l’altro facilmente.

da La vita è Meravigliosa di Frank Capra

Lasciare vagare il pensiero crea una finestra aperta su un intero mondo. L’orizzonte è infinito; la paura e il piacere legati alla scoperta e alla conquista sono collegati ad apparizioni oniriche di un mondo senza confini, dettate da un’arcaica memoria che confonde. Durante la notte, in quella fase intermedia che conduce al sonno, quando non si è svegli né addormentati e si abbandona ogni difesa, la mente è libera di vagare senza confini. Il corpo sembra non avere più peso, si aprono le porte di un mondo che si estende aldilà del tempo e dello spazio, popolato da tutto ciò che si è vissuto o avremmo voluto vivere, che abbiamo sognato, amato, desiderato. Prende forma il ricordo, che sembra sogno ma non lo è; e il ricordo diventa memoria. Mentre raccolgo dettagli per la ricostruzione del passato, in una sorta di magia alchemica il filo dei pensieri, come una enorme ragnatela, raccoglie esperienze reali e vissuti immaginari, persone della vita di tutti i giorni e quelle che non ci sono più. Il desiderio aggiunge potere alla fantasia ed io, in quel lasso di tempo senza tempo, rivivo il passato come realmente era e come avrei voluto che fosse. Vado anch'io alla ricerca del tempo perduto e delle occasioni perse. Proust, rifacendosi a una credenza celtica, raccontava che le anime delle persone che abbiamo perdute possono rimanere prigioniere in un animale o in un vegetale o in una cosa inanimata, in realtà perdute per noi fino al giorno, per molti destinato a non giungere mai, in cui per caso passiamo vicino all'albero ed entriamo in possesso dell’oggetto che ne è la prigione. Allora hanno un sussulto, ci chiamano e, non appena le abbiamo riconosciute, l’incantesimo è rotto. Liberate da noi, hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi. Così è del nostro passato. Esso è nascosto, fuori dal suo territorio, magari fa capolino in una sensazione che durante il giorno ci ha sfiorato di sfuggita, forse un colore, un profumo, un suono che ci regala un piacere e ritroviamo poi di notte nel nostro mondo privato. Le persone che ho amato, quelle ombre fuggevoli che al calar della sera mi pare di scorgere muoversi furtive per le sale, che si nascondono nel vento che agita i rami dell’arancio o nel profumo del gelsomino o d’inverno nelle lingue di fuoco scoppiettanti del camino, di notte si manifestano così com'erano, come quando le avevo accanto. Non c’è dolore nel loro volto, non c’è paura, non più i segni del tempo. Il loro aspetto è mutevole, si adatta al mio ricordo e anch'io ho la piacevole sensazione di muovermi insieme a loro, fluttuando. 

Nel teatro antico di Epidauro, Maria Callas canta la Norma, la mia opera preferita, che la Callas ha cantato davvero, ma due anni prima che io sedessi accanto a mio marito sulla gradinata del teatro deserto in un pomeriggio assolato. Mi sorride come sorrideva mio padre, quando ascoltava alla festa del patrono le romanze suonate dalla banda del paese.
Questa notte lui è seduto affianco a me in un palco della Scala, ascolta la Cavalleria rusticana, ha gli occhi lucidi di quando è commosso e canta a bassissima voce anche lui.

Scivolo pian piano nel sonno, i sogni occupano la scena, su di loro non ho potere, è un mondo “altro”, dove storie avvolte in metafore e in simboli aspettano di essere decodificate. La vita non è quella vissuta, scrive Garcia Marquez, ma quella che si ricorda per raccontarla. C’è qualcosa di magico nel ricordo, quasi un incantesimo, una sottile malinconia. Nel torrente del tempo non c'è orgoglio, né gelosia, il brutto è stato ammorbidito, è diventato cura per le ferite del cuore. Il ricordo è dolce, abbandonarsi è una piacevole sensazione. C’è una favola di Sergej Koslov che Jurij Norstejn ha tradotto in uno splendido film d’animazione: Il riccio nella nebbia. Un piccolo riccio va ogni sera a trovare il suo amico orso. Berranno insieme il tè e conteranno la stelle nel cielo sospeso dietro al tetto, proprio sopra il comignolo; le stelle a destra apparterranno a orso, quelle a sinistra al riccio. Il film è l’immaginazione come approccio alla vita, la rappresentazione delicata della morte e della rinascita. Come il bambino che si approccia alla vita, alla fine del film il riccio è una creatura cosciente delle meraviglie e dei pericoli del mondo. C’era silenzio, nel cielo notturno e nell’alto del cielo brillavano le stelle.

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