LA CAPSULA DEL TEMPO

La capsula del tempo preparata dalla Westinghouse Electric & Manufacturing Company per promuovere la Fiera Mondiale di New York del 1939 contiene un messaggio augurale di Albert Einstein che recita: “Il nostro tempo è ricco di menti fertili, le cui invenzioni potrebbero facilitare notevolmente le nostre vite. Stiamo attraversando i mari con l'energia e utilizziamo l'energia anche per alleviare l'umanità da ogni faticoso lavoro muscolare. Abbiamo imparato a volare e siamo in grado di inviare messaggi e notizie senza alcuna difficoltà in tutto il mondo attraverso le onde elettriche. Tuttavia, la produzione e la distribuzione delle materie prime è completamente disorganizzata, tutti vivono nella paura di essere esclusi dal ciclo economico e di soffrire la mancanza di ogni bene. Inoltre, le persone che vivono in diversi paesi si uccidono a intervalli irregolari, in modo che anche per questo motivo chiunque pensi al futuro debba vivere nella paura e nel terrore. Ciò è dovuto al fatto che l'intelligenza e il carattere delle masse sono incomparabilmente inferiori all'intelligenza e al carattere di pochi che producono qualcosa di prezioso per la comunità. Confido che i posteri leggeranno queste affermazioni con un sentimento di orgogliosa e giustificata superiorità.”.
Gli orrori della guerra dovevano ancora arrivare. Quell’energia che Albert Einstein sognava come aiuto per l’intera umanità si sarebbe rivelata strumento necessario alla distruzione e alla fine della guerra. Cesare Musatti, padre della psicoanalisi italiana, affermava che la guerra era come una palestra necessaria a scaricare l’aggressività insita nell’animo umano. I sopravvissuti sarebbero ripartiti con maggior entusiasmo e consapevolezza del valore e della bellezza della vita, con spirito di solidarietà e voglia di ricostruire.
Umberto Boccioni, Visioni Simultanee, 1911,
Von Der Heydt Museum, Wuppertal
Negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale la liberazione aveva aperto le porte al mondo della fantasia. Il futuro era ricco di promesse, la qualità della vita migliorò in ogni settore e la conoscenza portò in pochi decenni a dei cambiamenti nell’essenza stessa della società e della cultura. Un gruppo di ricercatori provenienti da diverse formazioni, intellettuali, matematici, ingegneri, biologi, studiosi delle scienze umane, affascinati dalle tecnologie emergenti iniziavano ad analizzare i vari stili di vita e i fenomeni che si manifestavano dall’incontro e la mescolanza di codici appartenenti ad ambiti diversi. Si cominciò a sperare che la società, come insieme di individui con diversi livelli di autonomia, relazione e organizzazione, potesse raggiungere obiettivi comuni e un comune benessere. Nel linguaggio entrò il termine cibernetica ad indicare quel ramo della ricerca interdisciplinare nel campo dell'ingegneria, della biologia e delle scienze. Con l’apporto della tecnologia elettronica, si cominciarono a realizzare modelli artificiali della realtà biologica, in una sorta di comparazione tra la vita animale e la macchina.
Con la nascita del personal computer e del primo bambino in provetta, il rapporto tra naturale e artificiale diventa per gli studiosi la base di partenza per poter analizzare i fenomeni biologici e acquisire la possibilità di modificare le caratteristiche del sistema in base allo scambio di informazioni sia all’interno dell’organismo, che tra questi e l’ambiente. Si passa cioè dal capire come funziona una macchina creata dall’uomo, alla possibilità di capire come funzionano gli attributi fondamentali dell’essere vivente, uomo, animale, pianta. Dall’applicazione delle scienze nate da questi studi la nostra vita ha tratto innumerevoli vantaggi, ma i benefici cominciarono ad essere messi in discussione. Ci si chiedeva se la vita oltre al miglioramento ottenuto grazie al progresso tecnologico non corresse dei rischi di altro genere e se non fossero ancora chiari ed evidenti i danni alla natura, all’ambiente e i limiti alla libertà dell’uomo. Negli anni seguenti comunque, il progresso scientifico e tecnologico amplia la possibilità dell’agire umano e ne riduce la dipendenza da fattori naturali e culturali. Oggi le tecnologie per il potenziamento umano (human enhancement) sono usate per trattare malattie e disabilità e per aumentare le capacità e le qualità umane. All’ingegneria genetica, alla bioscienza e alla biotecnologia il compito di combattere e vincere la vulnerabilità dell’essere umano.
L’uomo comincia a riflettere e ad interrogarsi circa la propria parte nel progetto delle cose allorquando all’Istituto italiano di tecnologia di Genova si costruisce il Cub, robot umanoide ricoperto di pelle artificiale dotato di ricettori tattili, in grado di sentire, vedere e agire come l’essere umano. L’equipe non ha dubbi sulla sua docilità, ma con grande lungimiranza, Stephen Hawking (che proprio alla tecnologia doveva la sua sopravvivenza) mette in guardia contro un’accelerazione troppo rapida della tecnologia. “L’evoluzione biologica umana, afferma, è molto più lenta di quella delle macchine e queste potrebbero da sole soppiantare il genere umano. L’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi più pericolosa della bomba atomica. Le macchine dotate di intelligenza artificiale si trasformeranno in corpi cibernetici e i corpi in macchine viventi.”. Nel contempo ideologie filosofico-culturali come il postumanesimo e il transumanesimo, forti dei contributi della biologia e tecnologia, ridefiniscono la prospettiva antropocentrica e dualista dell’umanesimo occidentale. L’uomo non più al centro dell’universo è fragile, soggetto a malattie e invecchiamento; ci si avvia verso una nuova concezione dell’umano inteso come il risultato dell’ibridazione dell’uomo con altre realtà non umane. E’ il superamento dei limiti imposti dall’invecchiamento, da deficienze cognitive, dalla sofferenza e dalla biosfera del nostro pianeta.
Questa concezione dell’umano riduce l’uomo a oggetto di indagine e sperimentazione. Il potere umano deve trovare un fondamento etico per una teoria generale della responsabilità, afferma Jurgen Habermas (Il futuro della natura umana), che introduce la distinzione tra indispensabile e inviolabile: l’uomo è l’unico essere capace di responsabilità, la natura è indisponibile, ogni essere umano è inviolabile e ha il diritto di costruirsi da sé, a partire da un nucleo naturale non manipolato. Sposta poi l’attenzione sul tema del diritto proponendo un possibile “diritto a un patrimonio genetico” non modificato da interventi artificiali senza alcun riferimento alla costituzione ontologica dell’uomo o alla sua dignità. La natura umana ha qualcosa in più del solo dato biologico; l’uomo rappresenta qualcosa di unico nel processo evolutivo e noi siamo obbligati a custodire l’integrità della sua immagine e ad agire con cautela, moderazione e rispetto. “La dignità umana, intesa in senso morale e giuridico, rimanda a una simmetria delle relazioni umane. Non è una qualità che si possiede per natura come il colore degli occhi o l’intelligenza; essa sintetizza quella inviolabilità cui, soltanto rapporti interpersonali di reciproco ed egualitario riconoscimento possono dare un significato”.
La libertà umana esiste nell’ambito dell’essere inteso come vita, aveva affermato precedentemente Hans Jonas. L’agire tecnologico ha aperto una dimensione nuova dell’etica nell’ambito dello spazio temporale. Gli effetti delle nostre azioni non sono più circoscritti nel tempo e nello spazio ma possono diventare indefiniti e irreversibili. Possono inoltre influenzare la vita di altri uomini in altri luoghi e ipotecare le generazioni future. Il robot umanoide è il primo passo verso l’abolizione dell’essere umano. Bisogna impedire Il suo superamento che avanza grazie allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e alla biologia di sintesi. La finalità dell’Essere è continuare a Essere. L’essere è la vita stessa con la sua precarietà e incertezze. La vita è l’espressione costante di varie forme di libertà via via crescenti e articolate nelle piante, negli animali, negli esseri umani. La libertà fondamentale si articola nelle varie forme, distinte a seconda della complessità dell’organismo, che impiega per sopravvivere. I vari mezzi di sopravvivenza, quali metabolismo, percezione, motilità, sentimento, immaginazione, capacità figurativa, linguaggio e riflessione sono qualità della vita stessa”. (Hans Jonas, Organismo e libertà).
Il previsto travolgimento dell’uomo mette in pericolo non soltanto la sopravvivenza fisica ma l’integrità dell’essere. L’etica ha la funzione di salvaguardare entrambi. “La ricerca dell’essenza dell’uomo passa attraverso gli incontri dell’uomo con l’essere… la stessa facoltà d’incontro è l’essenza fondamentale dell’uomo, questa è la libertà, la sua sede è la storia”. Da ogni incontro scaturisce l’immagine dell’Io, egli esiste se la sua immagine è la verità. La volontà di confermare il rapporto dell’essere umano con la propria essenza è particolarmente urgente in quest’epoca in cui l’impiego acritico della tecnologia rischia di mettere a repentaglio quel rapporto fondamentale. La libertà umana deve garantire che l’essenza dell’uomo continui. Il suo esercizio autoriflessivo ed eidetico si caratterizza in quanto il suo senso di responsabilità è garanzia che la vita e il suo statuto autenticamente umano non scompaia. La sua sopravvivenza e la tutela dell’immagine dell’uomo, per le generazioni passate, presenti e future, è un principio etico che sovrasta qualsiasi desiderio di miglioramento. Gli innovatori radicali non conservano ma migliorano, non preservano ma perfezionano, fino ad arrivare a un punto di non ritorno in cui, come secoli fa annunciava Francis Bacon, accrescendo la forza e l’attività non si arrivi alla “mutazione dei corpi in corpi differenti.
Francis Bacon, Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion, 1944
Tate, London
Nel 2009 Roberto Marchesini pubblica Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post umanistica. Condividendo appieno i contributi delle biologie e delle tecnoscienze, egli ridefinisce i criteri antropopoietici, sconfessando la visione antropocentrica e l’idea dell’uomo signore dell’universo. L’umano non è più l’emanazione e l’espressione dell’uomo ma il risultato dell’ibridazione dell’uomo con le realtà non umane”. Critica la posizione antropocentrica e fa coincidere il “diventare umani” con un progressivo allontanamento dalla condizione animale. Ammette una prossimità filogenetica e ne riconosce la vicinanza in alcuni comportamenti regressivi non umani (aggressività, omicidio, irrazionalità,…). Il mito dell’autarchia e della purezza si risolvono in una concezione distorta della tecnica intesa come strumento al servizio dell’uomo. Per il post umanesimo la tecnologia non è solo uno strumento ma un partner che modifica il profilo stesso dell’uomo e la sua struttura biologica. Non è una emanazione dell’uomo ma il frutto della congiunzione col non umano. La tecnica non è più la stampella culturale di cui l’uomo si serve per far fronte alla presunta carenza biologica ma penetra nell’umano, si fa carne, modifica il bios, è biotecnologia che unisce e non separa “antropodecentrando” la visione dell’essere umano. Il rapporto corpo-strumento è complesso. “Qualunque strumento interviene sia a livello filogenetico che ontogenetico per impostare le coordinate evolutive del corpo.” Lo strumento è infatti il frutto di una mutazione che agisce nella storia dell’uomo determinandone un processo evolutivo.
Nel 1791 il filosofo e giurista Jeremy Bentham progettava il Panopticon, un carcere ideale che permetteva a un unico sorvegliante di osservare tutti i soggetti di una istituzione carceraria senza permettere a questi di capire se sono in quel momento controllati o no. (Argo Panoptes nella mitologia Greca era un gigante con un centinaio di occhi, considerato per questo un ottimo guardiano). ll Panopticon, secondo Bentham era "un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente, in maniera e quantità mai vista prima". Grazie alla forma radiocentrica dell'edificio e ad opportuni accorgimenti architettonici e tecnologici, un unico guardiano poteva osservare tutti i prigionieri in ogni momento. Gli stessi prigionieri, non potendo essere in grado di stabilire di essere o non essere osservati, percepivano un'invisibile onniscienza da parte del guardiano, che li avrebbe condotti ad osservare la disciplina come se fossero osservati sempre. Dopo anni di questo trattamento, secondo Bentham, il retto comportamento "imposto" sarebbe entrato nella mente dei prigionieri come unico modo comportamentale possibile, modificando così indelebilmente il loro carattere. Nel suo saggio Sorvegliare e Punire, Michel Foucault prenderà il Panopticon come modello e figura del potere nella società contemporanea. L'architettura del Panopticon sarebbe la figura di un potere che non si cala più sulla società dall'alto, ma la pervade da dentro e si costruisce in una serie di relazioni di potere multiple.
Tempo fa Netflix ha presentato Bandersnatch, un film interattivo ambientato in un paradossale possibile futuro nel quale allo spettatore viene dato il potere di indirizzare le azioni del protagonista, tornare indietro, scegliere una storia diversa, decidere se cambiare il finale. E’ un gioco divertente, costruito con astuzia e intelligenza in modo da dare la sensazione di provare potere e libertà. Il film appartiene alla produzione della serie televisiva britannica Black Mirror, che racconta nei vari episodi quanto l’evolversi della tecnologia riesca a destabilizzare la società e il mondo dei sentimenti. L'architettura del racconto è al fine di porre lo spettatore in una situazione di regressione di passività, alimentando complessi meccanismi psicologici, fenomeni di identificazione con i personaggi e di proiezione dei propri istinti e sentimenti. Film e videogiochi simulano la nostra quotidianità e contengono messaggi che studiosi della percezione e del linguaggio possono facilmente identificare. E’ una sorta di prigione invisibile nella quale abitiamo nella vita di tutti i giorni.
Nel 1948 George Orwell scriveva 1984, attuale più che mai, con la sua spietata riflessione sul potere gestito dal Grande Fratello, sempre presente ma invisibile, come un dio. Esso controlla la vita attraverso telecamere presenti ovunque mentre una sorta di psicopolizia controlla anche il pensiero, lo condiziona e, attraverso il bispensiero impone come verità l’assurdo. Nel 1948 Orwell si ispirava ad avvenimenti storici già avvenuti e magari sperava che non sarebbero accaduti ancora.
Salvador Dalì, Metamorfosi di Narciso, 1937
Tate, London
In Microfisica del Potere e in Nascita della biopolitica Michel Foucault richiama l’attenzione sul complesso rapporto tra sapere e potere e su come la biopolitica dovrebbe essere una forma di potere che ha come oggetto la vita umana. Il compito di chi governa, scrive, è quello di tutelarla, accrescerla, moltiplicandola e amministrandola. In realtà il vero potere è nelle mani del capitalismo globale che condiziona e gestisce anche la politica. Ha generato Internet, “una tecnologia innovatrice, un nuovo panottico di sorveglianza, una possibilità di controllo a distanza dei lavoratori, una produzione di identità virtuali, un’opportunità per mille operazioni di hackeraggio benefiche e malefiche, una possibilità di velocizzare e ampliare le nostre comunicazioni orizzontali e tante, tantissime altre cose ancora”.
Internet è il più recente dei miti alienanti generati dal modo di produzione capitalistico, ponendosi in continuità con la società dei consumi e con la società dello spettacolo. Dalla rete militare-accademica Arpanet (1969) alle piattaforme recenti Google (1998), Facebook (2004), Twitter (2006), WhatsApp (2009), capitalismo e rete condividono almeno tre elementi: “una nuova oligarchia economica esperta nell’esercizio del potere digitale”; l’orizzonte planetario, il metacontinente virtuale fatto di connessioni digitali globali; l’intenzione totalizzante di occupare tutto il territorio del tempo e dell’immaginario. (Renato Curcio, L’Impero Virtuale. Colonizzazione dell’Immaginario. Sensibili alle foglie, Roma 2015).
L’invisibile e pervasivo sistema di controllo delle persone, delle loro scelte, delle intenzioni, dei comportamenti, entra nei loro corpi-mente, possiede il loro mondo e ne interpreta la vita. E’ la schiavitù mentale della quale parla Noam Chomsky: “La schiavitù di cui sono vittime gli entusiastici abitanti dell’impero che si presenta come una società della trasparenza identitaria; una società degli alias digitali accreditati e domiciliati in account, con-vinti e attivi, ma sempre trasversalmente monitorati senza alcuna pausa”.
Questa forma di trasparenza si accompagna ad altri cinque fenomeni principali: “L’iperconnessione, la schiavitù mentale, l’app-dipendenza, l’alienazione della memoria, il furto dell’oblio e il deterioramento della sensibilità relazionale. L’iperconnessione è un contatto virtuale che diminuisce e talvolta annulla il legame in presenza. Le connessioni elettroniche si affidano a immagini morte, a simboli; i messaggi che ci si scambiano o si scrivono, sembrano avvicinare le persone, in realtà sta avvenendo un mutamento antropologico di cui non ci si rende conto. Manca la spontaneità, il trasporto emotivo che si trasmette e si riceve guardandosi negli occhi o sfiorandosi con le mani. Parole finte, contatti freddi portano alla progressiva difficoltà ad affrontare relazioni dirette e ad interagire in maniera profonda con tutto il corpo. I legami in presenza si generano, si consolano, si sciolgono attraverso parole e messaggi che i corpi si scambiano reciprocamente; l’annullamento della corporeità, dello spazio e del tempo naturali, interagiscono con la nostra difficoltà a trovare un equilibrio nei pensieri e nei desideri. Affidando i nostri ricordi alle memorie esterne, queste memorie ricorderanno anche quello che non ricordiamo più e di cui ci siamo liberati. Una memoria senza oblio è una memoria senza storia, una memoria morta che genera malessere. Il declino della memoria attraverso strumenti che la sostituiscono impoveriscono l’immaginazione e impallidiscono il futuro.
Francis Bacon, Study for Three Heads, 1962
MoMA, New York
Sicuri delle nostre scelte, non ci rendiamo conto di quanto varie scelte siano create su misura per la raccolta di dati che un’infrastruttura di marketing nascosta, analizza e indirizza. La libertà vera è un’illusione; nell’era tecnologica il nostro libero arbitrio, intrappolato nel labirinto di un sistema, si sente protetto e al sicuro. Facebook, YouTube, Google, Gmail, Google Maps, Twitter: ciascuno di questi servizi raccoglie dati personali e contenuti che analizza, fa propri e su di essi costruisce il proprio mercato. (Ciascuno di questi ha un contratto sui termini di utilizzo per cui tutti i dati raccolti sono di proprietà di chi offre il servizio garantendo privacy). Risulta evidente quanto queste multinazionali possano sapere di ciascun individuo. La raccolta dei dati personali è in costante crescita, così come lo è tutto quello che riguarda lo IOT (Internet Of Things) dove sensori e strumenti intelligenti si scambiano dati e saranno in grado di aiutarci nel quotidiano. Ma se da un lato è comodo avere un filtro nelle risposte alle nostre domande, dall’altra è evidente che questo filtro prefiguri una cessione di controllo e di libertà. Il nocciolo è nel valore che i consumatori attribuiscono ai propri dati personali. Uno studio accademico lo aveva quantificato qualche tempo fa in circa due euro, ma in realtà il potenziale di mercato è molto più alto se ne immaginiamo il possibile utilizzo da parte di multinazionali in grado di produrre pubblicità su misura, senza contare che sono già emersi scenari ancora più preoccupanti, come nel caso Snowden, che ha svelato dettagli di diversi programmi di sorveglianza di massa da parte del governo statunitense e di quello britannico.
La conoscenza, intesa non solo come apprendimento ma anche come facoltà percettiva, non può essere prerogativa di una ristretta cerchia, soprattutto in un'epoca in cui i valori sono confusi con i desideri ed il produttore si è già trasformato in consumatore. Innovazione e progresso non possono e non devono essere fermati, ma va compresa la necessità di un linguaggio di comunicazione alternativo, un'analisi approfondita delle società industriali nel capitalismo dell'era digitale, e il ruolo delle istituzioni.
Nel settore scientifico intanto si continua a studiare, sperimentare, modificare tramite la tecnologia del DNA ricombinante, si modifica o si trasferisce materiale genetico da un organismo ad un altro, si effettuano esperimenti di trasformazione genica, dal 1976 gli OGM sono una realtà. Il DNA produce enzimi per rendere piante e animali più resistenti alle malattie, ma altri batteri nascono e inducono nella pianta pesantissime alterazioni spesso letali. Olivi centenari distrutti dalla xylella, origine della malattia di Pierce nella vite, della clorosi variegata degli agrumi, e di altre malattie in numerose varietà di piante come peschi, prugni, ciliegi e mandorli.
Nel film Matrix viene offerta a Neo una scelta tra pillola rossa e pillola blu. Una volta ingerita la pillola rossa, Neo si sveglia all’improvviso privo di abiti, all’interno di una capsula piena di liquido, avvolto da cavi che portano ad una torre e, intorno a lui, molte altre capsule piene e sempre collegate a quella torre. Quello di Matrix è uno scenario ricorrente: meglio vivere in una gabbia dorata o fuggire da quel luogo perché in realtà si scopre di esserne uno strumento? Molti autori si sono ispirati alla sua opera nella musica, nei videogiochi, nei romanzi di fantascienza ma anche in opere scientifiche. Per John Harris la manipolazione genetica è il futuro dell’uomo e per Peter Sloterdijk non è più possibile sottrarsi all’idea di “una riforma genetica delle proprietà delle specie.”.
Nel romanzo The Circle di Dave Eggers viene descritta una azienda (The Circle) che avendo ormai assorbito giganti come Facebook, Twitter, Amazon, PayPal, ha un controllo pressoché totale della Rete e arriva a convincere ad ingerire “la pillola blu” con il motto “secrets are lies, sharing is caring and privacy is theft” (“i segreti sono bugie, condividere è prendersi cura e la privacy è un furto”).
La Genesi racconta che i discendenti di Noè vollero edificare una magnifica città con una torre che arrivasse al cielo; il Signore, per punirli della presunzione, li afflisse con la confusione delle lingue, settanta differenti idiomi. Gli ordini impartiti non vennero più capiti correttamente e, nella confusione, vennero commessi numerosi errori. La metafora della Torre di Babele è quanto mai attuale "nell'attuale prospettiva dialogico-emancipativa e in relazione alla crisi di legittimità che mina alla base le democrazie contemporanee e i meccanismi di formazione del consenso", come scrive il sociologo tedesco Jürgen Habermas. L'approccio proattivo è nel comprendere che la creazione di un muro, e lo insegna la storia, perde nel lungo termine la sua funzione difensiva, mentre nel breve termine annulla ogni possibile dialogo per la costruzione di un linguaggio comune. Secondo la teoria di Habermas, l'umanità, seguendo una logica di sviluppo per livelli in cui convivono sistema (stato burocratico e mercato) e mondo vitale, sta assistendo a un tentativo di colonizzazione del sistema in un modo molto simile a quanto immaginato da Matrix. Potere e denaro sono i media (in senso cibernetico mezzi di controllo del sistema) che costringono le persone a seguire determinate logiche di azione: "Oggi gli imperativi economici e amministrativi trasmessi attraverso il potere e il denaro si introducono in molti altri ambiti che in un certo qual modo vengono danneggiati se si rimpiazza l'agire orientato all'intesa (agire comunicativo) con queste interazioni orientate in modo strategico (agire strumentale).".
Francis Bacon, Second Version of Triptych 1944, 1988
Tate, London
Poi accade qualcosa di imprevedibile e ogni sicurezza svanisce, la paura induce a porsi delle domande e a riflettere sulle responsabilità da assumere. In barba a tutti gli scienziati del mondo, un piccolissimo virus ha messo in ginocchio milioni di individui, li ha costretti al riparo, ciascuno nella propria casa per contenere l’attacco di un nemico invisibile. Non si è più padroni dello spazio, il tempo si è dilatato, è una coperta troppo grande, che non riscalda, soffoca. Incombe la paura dell’autorità della morte. E come scriveva Einstein nel 1939, tutti vivono nella paura di essere esclusi dal ciclo economico e di soffrire la mancanza di ogni bene. Ma intorno a noi, la natura è indifferente. Si susseguono le stagioni, è primavera, nascono i fiori, tornano le rondini. Ha un profumo nuovo il vento che spazza le foglie sulle vie deserte e sembra cantare. Nella laguna di Venezia sono tornati a giocare i delfini e nel silenzio per noi innaturale la pioggia cade cantando, si ferma sulle strade sconnesse formando piccole pozzanghere, due uccellini si fermano a bere, il sole le asciugherà domani. Nel cielo solcato dal volo delle rondini, le nuvole bianche si rincorrono.
Se ci si chiede dove nasca un virus, forse è più comodo pensare a un possibile errore tecnologico in una lontana località piuttosto che pensare alla irresponsabilità di una intera umanità che con ogni mezzo ha violentato la natura, inquinando le acque, disboscando le foreste, ammorbando l’aria, scavando il grembo della terra senza rispetto e senza amore, per derubarla o farne deposito di veleni ad essa estranei e nemici. La natura intanto ha posto tutti sullo stesso piano rispetto alla morte e non è certamente responsabile dell’autenticità di ciò che mangiamo, che beviamo, che respiriamo. Spesso sono innaturali anche i pensieri e i desideri concepiti come mancanza e non come bisogno. Viviamo posseduti dal demone di un assurdo potere che ci spinge a gabbare il tempo, a ridurre lo spazio. Intrappolati nell'alveo del consumismo, come oggetti usati e gestiti in ogni nostro comportamento.
La vita, come la storia, è costituita anche da momenti di grave crisi. Proprio in questi momenti il potere è una sorta di campo relazionale: non è una ricchezza o un bene, è senso di responsabilità nei confronti di tutto ciò che ci circonda. Uscito da una pandemia, l'uomo è costretto a fare i conti con un mondo impoverito e in gravi difficoltà economiche e sociali ma forse con un mare meno inquinato, con un’aria profumata di sole e di vento e boschi con nuovi alberi. La speranza è che nessun film apocalittico e nessun libro come 1984 possa diventare realtà. La fantasia sia sempre libera di esprimersi: le nuove scoperte e le conquiste del sapere siano sempre funzionali alla costruzione di una soggettività individuale capace di non farsi influenzare da nulla e di scegliere il meglio per sé e per gli altri. Ogni tecnica grazie alla quale viene plasmata una soggettività è inscindibile dalle tecniche con le quali viene gestito il popolo. Se davvero l’interesse di tutto il mondo fosse anteposto agli interessi di pochi fortunati anche la morte farebbe meno paura.



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