LA CAPSULA DEL TEMPO
La
capsula del tempo preparata dalla Westinghouse Electric &
Manufacturing Company per promuovere la Fiera Mondiale di New York
del 1939 contiene un messaggio augurale di Albert Einstein che
recita: “Il nostro tempo è ricco di menti fertili, le cui
invenzioni potrebbero facilitare notevolmente le nostre vite. Stiamo
attraversando i mari con l'energia e utilizziamo l'energia anche per
alleviare l'umanità da ogni faticoso lavoro muscolare. Abbiamo
imparato a volare e siamo in grado di inviare messaggi e notizie
senza alcuna difficoltà in tutto il mondo attraverso le onde
elettriche. Tuttavia, la produzione e la distribuzione delle materie
prime è completamente disorganizzata, tutti vivono nella paura di
essere esclusi dal ciclo economico e di soffrire la mancanza di ogni
bene. Inoltre, le persone che vivono in diversi paesi si uccidono a
intervalli irregolari, in modo che anche per questo motivo chiunque
pensi al futuro debba vivere nella paura e nel terrore. Ciò è
dovuto al fatto che l'intelligenza e il carattere delle masse sono
incomparabilmente inferiori all'intelligenza e al carattere di pochi
che producono qualcosa di prezioso per la comunità. Confido che i
posteri leggeranno queste affermazioni con un sentimento di
orgogliosa e giustificata superiorità.”.
Gli
orrori della guerra dovevano ancora arrivare. Quell’energia che
Albert Einstein sognava come aiuto per l’intera umanità si sarebbe
rivelata strumento necessario alla distruzione e alla fine della
guerra. Cesare Musatti, padre della psicoanalisi italiana, affermava
che la guerra era come una palestra necessaria a scaricare
l’aggressività insita nell’animo umano. I sopravvissuti
sarebbero ripartiti con maggior entusiasmo e consapevolezza del
valore e della bellezza della vita, con spirito di solidarietà e
voglia di ricostruire.
Umberto Boccioni, Visioni Simultanee, 1911, Von Der Heydt Museum, Wuppertal |
Negli
anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale la
liberazione aveva aperto le porte al mondo della fantasia. Il futuro
era ricco di promesse, la qualità della vita migliorò in ogni
settore e la conoscenza portò in pochi decenni a dei cambiamenti
nell’essenza stessa della società e della cultura. Un gruppo di
ricercatori provenienti da diverse formazioni, intellettuali,
matematici, ingegneri, biologi, studiosi delle scienze umane,
affascinati dalle tecnologie emergenti iniziavano ad analizzare i
vari stili di vita e i fenomeni che si manifestavano dall’incontro
e la mescolanza di codici appartenenti ad ambiti diversi. Si cominciò
a sperare che la società, come insieme di individui con diversi
livelli di autonomia, relazione e organizzazione, potesse raggiungere
obiettivi comuni e un comune benessere. Nel linguaggio entrò il
termine cibernetica ad indicare quel ramo della ricerca
interdisciplinare nel campo dell'ingegneria, della biologia e delle
scienze. Con l’apporto della tecnologia elettronica, si
cominciarono a realizzare modelli artificiali della realtà
biologica, in una sorta di comparazione tra la vita animale e la
macchina.
Con
la nascita del personal computer e del primo bambino in provetta, il
rapporto tra naturale e artificiale diventa per gli studiosi la base
di partenza per poter analizzare i fenomeni biologici e acquisire la
possibilità di modificare le caratteristiche del sistema in base
allo scambio di informazioni sia all’interno dell’organismo, che
tra questi e l’ambiente. Si passa cioè dal capire come funziona
una macchina creata dall’uomo, alla possibilità di capire come
funzionano gli attributi fondamentali dell’essere vivente, uomo,
animale, pianta. Dall’applicazione delle scienze nate da questi
studi la nostra vita ha tratto innumerevoli vantaggi, ma i benefici
cominciarono ad essere messi in discussione. Ci
si chiedeva se la vita oltre al miglioramento ottenuto grazie al
progresso tecnologico non corresse dei rischi di altro genere e se
non fossero ancora chiari ed evidenti i danni alla natura,
all’ambiente e i limiti alla libertà dell’uomo. Negli
anni seguenti comunque, il progresso scientifico e tecnologico amplia
la possibilità dell’agire umano e ne riduce la dipendenza da
fattori naturali e culturali. Oggi
le tecnologie per il potenziamento umano (human enhancement)
sono usate per trattare malattie e disabilità e per aumentare le
capacità e le qualità umane. All’ingegneria genetica, alla
bioscienza e alla biotecnologia il compito di combattere e vincere la
vulnerabilità dell’essere umano.
L’uomo
comincia a riflettere e ad interrogarsi circa la propria parte nel
progetto delle cose allorquando all’Istituto italiano di tecnologia
di Genova si costruisce il Cub, robot umanoide ricoperto di pelle
artificiale dotato di ricettori tattili, in grado di sentire, vedere
e agire come l’essere umano. L’equipe non ha dubbi sulla sua
docilità, ma con grande lungimiranza, Stephen Hawking (che proprio
alla tecnologia doveva la sua sopravvivenza) mette in guardia contro
un’accelerazione troppo rapida della tecnologia. “L’evoluzione
biologica umana, afferma, è molto più lenta di quella delle
macchine e queste potrebbero da sole soppiantare il genere umano.
L’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi più pericolosa della
bomba atomica. Le macchine dotate di intelligenza artificiale si
trasformeranno in corpi cibernetici e i corpi in macchine viventi.”. Nel
contempo ideologie filosofico-culturali come il postumanesimo e il
transumanesimo, forti dei contributi della biologia e tecnologia,
ridefiniscono la prospettiva antropocentrica e dualista
dell’umanesimo occidentale. L’uomo non più al centro
dell’universo è fragile, soggetto a malattie e invecchiamento; ci
si avvia verso una nuova concezione dell’umano inteso come il
risultato dell’ibridazione dell’uomo con altre realtà non umane.
E’ il superamento dei limiti imposti dall’invecchiamento, da
deficienze cognitive, dalla sofferenza e dalla biosfera del nostro
pianeta.
Questa
concezione dell’umano riduce l’uomo a oggetto di indagine e
sperimentazione. Il potere umano deve trovare un fondamento etico per
una teoria generale della responsabilità, afferma Jurgen Habermas
(Il futuro della natura umana), che introduce la distinzione
tra indispensabile e inviolabile: l’uomo è l’unico
essere capace di responsabilità, la natura è indisponibile, ogni
essere umano è inviolabile e ha il diritto di costruirsi da sé, a
partire da un nucleo naturale non manipolato. Sposta
poi l’attenzione sul tema del diritto proponendo un possibile
“diritto a un patrimonio genetico” non modificato da interventi
artificiali senza alcun riferimento alla costituzione ontologica
dell’uomo o alla sua dignità. La natura umana ha qualcosa in più
del solo dato biologico; l’uomo rappresenta qualcosa di unico nel
processo evolutivo e noi siamo obbligati a custodire l’integrità
della sua immagine e ad agire con cautela, moderazione e rispetto.
“La dignità umana, intesa in senso morale e giuridico, rimanda a
una simmetria delle relazioni umane. Non è una qualità che si
possiede per natura come il colore degli occhi o l’intelligenza;
essa sintetizza quella inviolabilità cui, soltanto rapporti
interpersonali di reciproco ed egualitario riconoscimento possono
dare un significato”.
La
libertà umana esiste nell’ambito dell’essere inteso come vita,
aveva affermato precedentemente Hans Jonas. L’agire tecnologico ha
aperto una dimensione nuova dell’etica nell’ambito dello spazio
temporale. Gli effetti delle nostre azioni non sono più circoscritti
nel tempo e nello spazio ma possono diventare indefiniti e
irreversibili. Possono inoltre influenzare la vita di altri uomini in
altri luoghi e ipotecare le generazioni future. Il robot umanoide è
il primo passo verso l’abolizione dell’essere umano. Bisogna
impedire Il suo superamento che avanza grazie allo sviluppo
dell’intelligenza artificiale e alla biologia di sintesi. “La
finalità dell’Essere è continuare a Essere. L’essere è la vita
stessa con la sua precarietà e incertezze. La vita è l’espressione
costante di varie forme di libertà via via crescenti e articolate
nelle piante, negli animali, negli esseri umani. La libertà
fondamentale si articola nelle varie forme, distinte a seconda della
complessità dell’organismo, che impiega per sopravvivere. I vari
mezzi di sopravvivenza, quali metabolismo, percezione, motilità,
sentimento, immaginazione, capacità figurativa, linguaggio e
riflessione sono qualità della vita stessa”. (Hans
Jonas, Organismo e libertà).
Il
previsto travolgimento dell’uomo mette in pericolo non soltanto la
sopravvivenza fisica ma l’integrità dell’essere. L’etica ha la
funzione di salvaguardare entrambi. “La ricerca dell’essenza
dell’uomo passa attraverso gli incontri dell’uomo con l’essere…
la stessa facoltà d’incontro è l’essenza fondamentale
dell’uomo, questa è la libertà, la sua sede è la storia”. Da
ogni incontro scaturisce l’immagine dell’Io, egli esiste se la
sua immagine è la verità. La volontà di confermare il rapporto
dell’essere umano con la propria essenza è particolarmente urgente
in quest’epoca in cui l’impiego acritico della tecnologia rischia
di mettere a repentaglio quel rapporto fondamentale. La libertà
umana deve garantire che l’essenza dell’uomo continui. Il suo
esercizio autoriflessivo ed eidetico si caratterizza in quanto
il suo senso di responsabilità è garanzia che la vita e il suo
statuto autenticamente umano non scompaia. La sua sopravvivenza e la
tutela dell’immagine dell’uomo, per le generazioni passate,
presenti e future, è un principio etico che sovrasta qualsiasi
desiderio di miglioramento. Gli innovatori radicali non conservano ma
migliorano, non preservano ma perfezionano, fino ad arrivare a un
punto di non ritorno in cui, come secoli fa annunciava Francis Bacon,
accrescendo la forza e l’attività non si arrivi alla “mutazione
dei corpi in corpi differenti”.
Francis Bacon, Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion, 1944 Tate, London |
Nel
2009 Roberto Marchesini pubblica Il tramonto dell’uomo. La
prospettiva post umanistica. Condividendo
appieno i contributi delle biologie e delle tecnoscienze, egli
ridefinisce i criteri antropopoietici, sconfessando la visione
antropocentrica e l’idea dell’uomo signore dell’universo. “L’umano
non è più l’emanazione e l’espressione dell’uomo ma il
risultato dell’ibridazione dell’uomo con le realtà non umane”. Critica
la posizione antropocentrica e fa coincidere il “diventare umani”
con un progressivo allontanamento dalla condizione animale. Ammette
una prossimità filogenetica e ne riconosce la vicinanza in alcuni
comportamenti regressivi non umani (aggressività, omicidio,
irrazionalità,…). Il
mito dell’autarchia e della purezza si risolvono in una concezione
distorta della tecnica intesa come strumento al servizio dell’uomo. Per
il post umanesimo la tecnologia non è solo uno strumento ma un
partner che modifica il profilo stesso dell’uomo e la sua struttura
biologica. Non è una emanazione dell’uomo ma il frutto della
congiunzione col non umano. La tecnica non è più la stampella
culturale di cui l’uomo si serve per far fronte alla presunta
carenza biologica ma penetra nell’umano, si fa carne, modifica il
bios, è biotecnologia che unisce e non separa
“antropodecentrando” la visione dell’essere umano. Il rapporto
corpo-strumento è complesso. “Qualunque strumento interviene sia a
livello filogenetico che ontogenetico per impostare le coordinate
evolutive del corpo.” Lo strumento è infatti il frutto di una
mutazione che agisce nella storia dell’uomo determinandone un
processo evolutivo.
Nel
1791 il filosofo e giurista Jeremy Bentham progettava il Panopticon,
un carcere ideale che permetteva a un unico sorvegliante di osservare
tutti i soggetti di una istituzione carceraria senza permettere a
questi di capire se sono in quel momento controllati o no. (Argo
Panoptes nella mitologia Greca era un gigante con un centinaio di
occhi, considerato per questo un ottimo guardiano). ll Panopticon,
secondo Bentham era "un nuovo modo per ottenere potere mentale
sulla mente, in maniera e quantità mai vista prima". Grazie
alla forma radiocentrica dell'edificio e ad opportuni accorgimenti
architettonici e tecnologici, un unico guardiano poteva osservare
tutti i prigionieri in ogni momento. Gli stessi prigionieri, non
potendo essere in grado di stabilire di essere o non essere
osservati, percepivano un'invisibile onniscienza da parte del
guardiano, che li avrebbe condotti ad osservare la disciplina come se
fossero osservati sempre. Dopo anni di questo trattamento, secondo
Bentham, il retto comportamento "imposto" sarebbe entrato
nella mente dei prigionieri come unico modo comportamentale
possibile, modificando così indelebilmente il loro carattere. Nel
suo saggio Sorvegliare e Punire, Michel Foucault prenderà il
Panopticon come modello e
figura del potere nella società contemporanea. L'architettura del
Panopticon sarebbe la figura di un potere che non si cala più sulla
società dall'alto, ma la pervade da dentro e si costruisce in una
serie di relazioni di potere multiple.
Tempo
fa Netflix ha presentato Bandersnatch, un film interattivo
ambientato in un paradossale possibile futuro nel quale allo
spettatore viene dato il potere di indirizzare le azioni del
protagonista, tornare indietro, scegliere una storia diversa,
decidere se cambiare il finale. E’ un gioco divertente, costruito
con astuzia e intelligenza in modo da dare la sensazione di provare
potere e libertà. Il film appartiene alla produzione della serie
televisiva britannica Black Mirror, che racconta nei vari
episodi quanto l’evolversi della tecnologia riesca a destabilizzare
la società e il mondo dei sentimenti. L'architettura del racconto è
al fine di porre lo spettatore in una situazione di regressione di
passività, alimentando complessi meccanismi psicologici, fenomeni di
identificazione con i personaggi e di proiezione dei propri istinti e
sentimenti. Film e videogiochi simulano la nostra quotidianità e
contengono messaggi che studiosi della percezione e del linguaggio
possono facilmente identificare. E’ una sorta di prigione
invisibile nella quale abitiamo nella vita di tutti i giorni.
Nel
1948 George Orwell scriveva 1984, attuale più che mai, con la
sua spietata riflessione sul potere gestito dal Grande Fratello,
sempre presente ma invisibile, come un dio. Esso controlla la vita
attraverso telecamere presenti ovunque mentre una sorta di
psicopolizia controlla anche il pensiero, lo condiziona e, attraverso
il bispensiero impone come verità l’assurdo. Nel 1948 Orwell si
ispirava ad avvenimenti storici già avvenuti e magari sperava che
non sarebbero accaduti ancora.
In
Microfisica del Potere e in Nascita della biopolitica
Michel Foucault richiama l’attenzione sul complesso rapporto tra
sapere e potere e su come la biopolitica dovrebbe essere una forma di
potere che ha come oggetto la vita umana. Il compito di chi governa,
scrive, è quello di tutelarla, accrescerla, moltiplicandola e
amministrandola. In realtà il vero potere è nelle mani del
capitalismo globale che condiziona e gestisce anche la politica. Ha
generato Internet, “una tecnologia innovatrice, un nuovo panottico
di sorveglianza, una possibilità di controllo a distanza dei
lavoratori, una produzione di identità virtuali, un’opportunità
per mille operazioni di hackeraggio benefiche e malefiche, una
possibilità di velocizzare e ampliare le nostre comunicazioni
orizzontali e tante, tantissime altre cose ancora”.
Internet
è il più recente dei miti alienanti generati dal modo di produzione
capitalistico, ponendosi in continuità con la società dei consumi e
con la società dello spettacolo. Dalla rete militare-accademica
Arpanet (1969) alle piattaforme recenti Google (1998), Facebook
(2004), Twitter (2006), WhatsApp (2009), capitalismo e rete
condividono almeno tre elementi: “una nuova oligarchia economica
esperta nell’esercizio del potere digitale”; l’orizzonte
planetario, il metacontinente virtuale fatto di connessioni digitali
globali; l’intenzione totalizzante di occupare tutto il territorio
del tempo e dell’immaginario. (Renato Curcio, L’Impero
Virtuale. Colonizzazione dell’Immaginario. Sensibili alle
foglie, Roma 2015).
L’invisibile
e pervasivo sistema di controllo delle persone, delle loro scelte,
delle intenzioni, dei comportamenti, entra nei loro corpi-mente,
possiede il loro mondo e ne interpreta la vita. E’ la schiavitù
mentale della quale parla Noam Chomsky: “La schiavitù di cui sono
vittime gli entusiastici abitanti dell’impero che si presenta come
una società della trasparenza identitaria; una società degli alias
digitali accreditati e domiciliati in account, con-vinti e attivi, ma
sempre trasversalmente monitorati senza alcuna pausa”.
Questa
forma di trasparenza si accompagna ad altri cinque fenomeni
principali: “L’iperconnessione, la schiavitù mentale,
l’app-dipendenza, l’alienazione della memoria, il furto
dell’oblio e il deterioramento della sensibilità relazionale. L’iperconnessione
è un contatto virtuale che diminuisce e talvolta annulla il legame
in presenza. Le connessioni elettroniche si affidano a immagini
morte, a simboli; i messaggi che ci si scambiano o si scrivono,
sembrano avvicinare le persone, in realtà sta avvenendo un mutamento
antropologico di cui non ci si rende conto. Manca la spontaneità, il
trasporto emotivo che si trasmette e si riceve guardandosi negli
occhi o sfiorandosi con le mani. Parole finte, contatti freddi
portano alla progressiva difficoltà ad affrontare relazioni dirette
e ad interagire in maniera profonda con tutto il corpo. I legami in
presenza si generano, si consolano, si sciolgono attraverso parole e
messaggi che i corpi si scambiano reciprocamente; l’annullamento
della corporeità, dello spazio e del tempo naturali, interagiscono
con la nostra difficoltà a trovare un equilibrio nei pensieri e nei
desideri. Affidando i nostri ricordi alle memorie esterne, queste
memorie ricorderanno anche quello che non ricordiamo più e di cui ci
siamo liberati. Una memoria senza oblio è una memoria senza storia,
una memoria morta che genera malessere. Il declino della memoria
attraverso strumenti che la sostituiscono impoveriscono
l’immaginazione e impallidiscono il futuro.
Francis Bacon, Study for Three Heads, 1962 MoMA, New York |
Sicuri
delle nostre scelte, non ci rendiamo conto di quanto varie scelte
siano create su misura per la raccolta di dati che un’infrastruttura
di marketing nascosta, analizza e indirizza. La libertà vera è
un’illusione; nell’era tecnologica il nostro libero arbitrio,
intrappolato nel labirinto di un sistema, si sente protetto e al
sicuro. Facebook, YouTube, Google, Gmail, Google Maps, Twitter:
ciascuno di questi servizi raccoglie dati personali e contenuti che
analizza, fa propri e su di essi costruisce il proprio mercato.
(Ciascuno di questi ha un contratto sui termini di utilizzo per cui
tutti i dati raccolti sono di proprietà di chi offre il servizio
garantendo privacy). Risulta
evidente quanto queste multinazionali possano sapere di ciascun
individuo. La
raccolta dei dati personali è in costante crescita, così come lo è
tutto quello che riguarda lo IOT (Internet Of Things) dove sensori e
strumenti intelligenti si scambiano dati e saranno in grado di
aiutarci nel quotidiano. Ma se da un lato è comodo avere un filtro
nelle risposte alle nostre domande, dall’altra è evidente che
questo filtro prefiguri una cessione di controllo e di libertà. Il
nocciolo è nel valore che i consumatori attribuiscono ai propri dati
personali. Uno studio accademico lo aveva quantificato qualche tempo
fa in circa due euro, ma in realtà il potenziale di mercato è molto
più alto se ne immaginiamo il possibile utilizzo da parte di
multinazionali in grado di produrre pubblicità su misura, senza
contare che sono già emersi scenari ancora più preoccupanti, come
nel caso Snowden, che ha svelato dettagli di diversi programmi di
sorveglianza di massa da parte del governo statunitense e di quello
britannico.
La
conoscenza, intesa non solo come apprendimento ma anche come facoltà
percettiva, non può essere prerogativa di una ristretta cerchia,
soprattutto in un'epoca in cui i valori sono confusi con i desideri
ed il produttore si è già trasformato in consumatore. Innovazione e
progresso non possono e non devono essere fermati, ma va compresa la
necessità di un linguaggio di comunicazione alternativo, un'analisi
approfondita delle società industriali nel capitalismo dell'era
digitale, e il ruolo delle istituzioni.
Nel
settore scientifico intanto si continua a studiare, sperimentare,
modificare tramite la tecnologia del DNA ricombinante, si modifica o
si trasferisce materiale genetico da un organismo ad un altro, si
effettuano esperimenti di trasformazione genica, dal 1976 gli OGM
sono una realtà. Il DNA produce enzimi per rendere piante e animali
più resistenti alle malattie, ma altri batteri nascono e inducono
nella pianta pesantissime alterazioni spesso letali. Olivi centenari
distrutti dalla xylella, origine della malattia di Pierce nella vite, della clorosi variegata degli agrumi, e di altre malattie in numerose varietà di piante come peschi,
prugni, ciliegi e mandorli.
Nel
film Matrix viene offerta a Neo una scelta tra pillola rossa e
pillola blu. Una volta ingerita la pillola rossa, Neo si sveglia
all’improvviso privo di abiti, all’interno di una capsula piena
di liquido, avvolto da cavi che portano ad una torre e, intorno a
lui, molte altre capsule piene e sempre collegate a quella torre.
Quello di Matrix è uno scenario ricorrente: meglio vivere in
una gabbia dorata o fuggire da quel luogo perché in realtà si
scopre di esserne uno strumento? Molti autori si sono ispirati alla
sua opera nella musica, nei videogiochi, nei romanzi di fantascienza
ma anche in opere scientifiche. Per John Harris la manipolazione
genetica è il futuro dell’uomo e per Peter Sloterdijk non è più
possibile sottrarsi all’idea di “una riforma genetica delle
proprietà delle specie.”.
Nel romanzo The Circle di Dave
Eggers viene descritta una azienda (The Circle) che avendo ormai
assorbito giganti come Facebook, Twitter, Amazon, PayPal, ha un
controllo pressoché totale della Rete e arriva a convincere ad
ingerire “la pillola blu” con il motto “secrets are lies,
sharing is caring and privacy is theft” (“i segreti sono bugie,
condividere è prendersi cura e la privacy è un furto”).
La
Genesi racconta che i discendenti di Noè vollero edificare una
magnifica città con una torre che arrivasse al cielo; il Signore,
per punirli della presunzione, li afflisse con la confusione delle
lingue, settanta differenti idiomi. Gli ordini impartiti non vennero
più capiti correttamente e, nella confusione, vennero commessi
numerosi errori. La metafora della Torre di Babele è quanto mai
attuale "nell'attuale prospettiva dialogico-emancipativa e in
relazione alla crisi di legittimità che mina alla base le democrazie
contemporanee e i meccanismi di formazione del consenso", come
scrive il sociologo tedesco Jürgen Habermas. L'approccio
proattivo è nel comprendere che la creazione di un muro, e lo
insegna la storia, perde nel lungo termine la sua funzione difensiva,
mentre nel breve termine annulla ogni possibile dialogo per la
costruzione di un linguaggio comune. Secondo la teoria di Habermas,
l'umanità, seguendo una logica di sviluppo per livelli in cui
convivono sistema (stato burocratico e mercato) e mondo vitale, sta
assistendo a un tentativo di colonizzazione del sistema in un modo
molto simile a quanto immaginato da Matrix. Potere e denaro
sono i media (in senso cibernetico mezzi di controllo del sistema)
che costringono le persone a seguire determinate logiche di azione: "Oggi
gli imperativi economici e amministrativi trasmessi attraverso il
potere e il denaro si introducono in molti altri ambiti che in un
certo qual modo vengono danneggiati se si rimpiazza l'agire orientato
all'intesa (agire comunicativo) con queste interazioni orientate in
modo strategico (agire strumentale).".
Francis Bacon, Second Version of Triptych 1944, 1988 Tate, London |
Poi
accade qualcosa di imprevedibile e ogni sicurezza svanisce, la paura
induce a porsi delle domande e a riflettere sulle responsabilità da
assumere. In barba a tutti gli scienziati del mondo, un piccolissimo
virus ha messo in ginocchio milioni di individui, li ha costretti al
riparo, ciascuno nella propria casa per contenere l’attacco di un
nemico invisibile. Non si è più padroni dello spazio, il tempo si è
dilatato, è una coperta troppo grande, che non riscalda, soffoca.
Incombe la paura dell’autorità della morte. E come scriveva
Einstein nel 1939, tutti vivono nella paura di essere esclusi dal
ciclo economico e di soffrire la mancanza di ogni bene. Ma intorno
a noi, la natura è indifferente. Si susseguono le stagioni, è
primavera, nascono i fiori, tornano le rondini. Ha un profumo nuovo
il vento che spazza le foglie sulle vie deserte e sembra cantare.
Nella laguna di Venezia sono tornati a giocare i delfini e nel
silenzio per noi innaturale la pioggia cade cantando, si ferma sulle
strade sconnesse formando piccole pozzanghere, due uccellini si
fermano a bere, il sole le asciugherà domani. Nel cielo solcato dal
volo delle rondini, le nuvole bianche si rincorrono.
Se
ci si chiede dove nasca un virus, forse è più comodo pensare a un
possibile errore tecnologico in una lontana località piuttosto che
pensare alla irresponsabilità di una intera umanità che con ogni
mezzo ha violentato la natura, inquinando le acque, disboscando le
foreste, ammorbando l’aria, scavando il grembo della terra senza
rispetto e senza amore, per derubarla o farne deposito di veleni ad
essa estranei e nemici. La
natura intanto ha posto tutti sullo stesso piano rispetto alla morte
e non è certamente responsabile dell’autenticità di ciò che
mangiamo, che beviamo, che respiriamo. Spesso sono innaturali anche i
pensieri e i desideri concepiti come mancanza e non come bisogno.
Viviamo posseduti dal demone di un assurdo potere che ci spinge a
gabbare il tempo, a ridurre lo spazio. Intrappolati nell'alveo del
consumismo, come oggetti usati e gestiti in ogni nostro
comportamento.
La
vita, come la storia, è costituita anche da momenti di grave crisi.
Proprio in questi momenti il potere è una sorta di campo
relazionale: non è una ricchezza o un bene, è senso di
responsabilità nei confronti di tutto ciò che ci circonda. Uscito
da una pandemia, l'uomo è costretto a fare i conti con un mondo
impoverito e in gravi difficoltà economiche e sociali ma forse con
un mare meno inquinato, con un’aria profumata di sole e di vento e boschi con nuovi alberi. La
speranza è che nessun film apocalittico e nessun libro come 1984
possa diventare realtà. La fantasia sia sempre libera di
esprimersi: le nuove scoperte e le conquiste del sapere siano sempre
funzionali alla costruzione di una soggettività individuale capace
di non farsi influenzare da nulla e di scegliere il meglio per sé e
per gli altri. Ogni
tecnica grazie alla quale viene plasmata una soggettività è
inscindibile dalle tecniche con le quali viene gestito il popolo. Se
davvero l’interesse di tutto il mondo fosse anteposto agli
interessi di pochi fortunati anche la morte farebbe meno paura.
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