METAMORFOSI - METAFORA - SINESTESIA
METAMORFOSI
“Nascondi
ciò che sono e aiutami a trovare la maschera adatta alle mie
intenzioni”
W.
Shakespeare, La dodicesima notte
La
prima forma di metamorfosi appartiene ai giochi dell’infanzia, al
regno incontrastato della fantasia pura. È il primo passo verso la
conoscenza del mondo che passa attraverso un inconsapevole processo
di identificazione, o meglio di impersonificazione del bambino con
chi ha avuto per lui una particolare importanza. Giocando si vivono
delle esperienze, delle fantasie, delle sensazioni, delle emozioni
che si fissano nella mente e diventano esperienza. Il mondo interno
del bambino si popola di personaggi immaginari nati dalla sua
esperienza affettiva. Sono personaggi buoni e personaggi cattivi, che
confortano e aiutano a crescere oppure fanno paura e scatenano
aggressività. Con loro convive e da loro si difende. Gli strumenti a
sua disposizione in questa impegnativa attività sono il gioco, il
sogno, la fantasia e l’immaginazione. Così imparerà ad
esorcizzare le paure o imparare ad elaborarle.
Nietzsche
dice che la maturità dell’uomo significa avere ritrovato la
serietà che si mette nel gioco da bambini. E che il futuro influenza
il presente tanto quanto il passato.
Il
vissuto dell’infanzia non era una recita, il travestimento non era
una maschera o un nascondersi. “All’origine dell’esistenza,
secondo José Bleger (Simbiosi e Ambiguità), non ci sarebbero netti
confini tra sé e gli altri, tra sé e il mondo esterno e non
esisterebbe ancora un IO compatto ma un “nucleo ambiguo”; il
funzionamento psichico è nel registro della non differenziazione,
della malleabilità, della non discriminazione cognitiva e morale”.
(cfr. Simona Argentieri, L'Ambiguità)
In situazioni di minaccia o di
pericolo l’essere umano può regredire ad una fase “ambigua” e,
senza rendersene conto o per paura, adattarsi all’ambiente per
arginare la consapevolezza della sofferenza, cercare protezione. Può
capitare purtroppo che in tali circostanze emergano personaggi di una
ambiguità consapevole, pronti ad offrirsi come guida e protezione
con discorsi e progetti che girano intorno al proprio Ego. Parlano
molto, ma per nascondersi più che per mostrarsi. Indossano una
maschera per essere quello che non sono. Una volta che si è
instaurato questo processo ambiguo, il personaggio si identifica col
ruolo che si è dato e tende ad affermare e rafforzare la propria
posizione, difendendola se necessario anche con forza. La maschera è
diventata parte del personaggio, smascherarlo è molto difficile.
Una
vera trasformazione viene comunque imposta dalla natura, dalla
cultura e dalla società. Il metamorfismo interessa l’evoluzione
del globo terrestre, in continuo cambiamento. Ogni rottura di un
equilibrio morfologico e strutturale, ogni interruzione di un
continuo, ogni morfogenesi biologica o psicologica rappresenta una
catastrofe. Gli anni segnano il nostro corpo, la scienza aiuta a
ristrutturarne l’aspetto, a sostituire i pezzi deteriorati, ad
allungare il tempo della vita. La vita è costellata di catastrofi
fino alla catastrofe ultima, ineluttabile, alla base di ogni paura:
la morte. Per combattere la paura della morte mettiamo talvolta in
atto operazioni distruttive operando una scissione tra il mondo
interno e il mondo esterno. Ci dimentichiamo di essere “ospiti”
della terra che ci nutre e ci contiene. Nell’illusione di
assoggettarla al nostro potere assumiamo un ruolo che non ci compete,
crediamo di poterla modificare, sfruttare, ferire, distruggere,
dimenticando che ci sono dei confini invalicabili oltre i quali c’è
soltanto l’immaginazione patologica di potersi identificare con un
nuovo creatore. Un tempo si usavano le maschere per propiziarsi gli
dei o per invocare gli spiriti dei morti. Nel teatro greco metteva la
maschera l’hypocritès cioè l’attore, capace di fingere e di
confondere il vero con il falso. Le cose esterne prima o poi
penetrano all’interno e la maschera, l’ipocrisia, a lungo andare
diventa volto.
METAFORA
Nel
seicento Emanuele Tesauro accenna alla metafora, definendola vestigio
della divinità nell’animo umano, argutezza, gran madre d’ogni
ingegnoso concetto, piacevolissimo condimento della civile
conversazione, ultimo sforzo dell’intelletto. La nozione di
argutezza appartiene ad Aristotele che nel terzo capitolo del libro
III della Retorica scrive che “l’arguzia sorge, quanto
all’elocuzione, in quattro modi” di cui l’ultimo riguarda la
metafora. Tesauro ricalca il termine ingegno dalla arguzia e dalla
ambiguità aristoteliche. All’interno delle arguzie umane viene
stabilita la metafora. L’ingegno è ciò che produce insieme al
furore (afflato, passione, pathos) e all’esercizio, i sensi
polivalenti del linguaggio, le figure ambigue. Ingegno e acutezza
rappresentano degli artifici, come del resto la metafora, disancorati
da una utilità sociale e devono produrre novità e meraviglia.
Quindi argutezza e metafora sono termini che si riferiscono a una
teoria del mondo e a una conoscenza artificiosa, complessa e
meravigliosa. Il suo uso è relativo alla poesia che, arricchita di
metafore ottiene dilatazioni di significato, polisemie, eleganza
della scrittura letteraria allo scopo di realizzare un uso “gioviale
e dilettevole” della letteratura.
“La
mente umana diviene un topos privilegiato per trasformare
simbolicamente le esperienze e narrare le proprie rappresentazioni”
Ernst
Cassirer
Una
metafora non si limita ad indicare una cosa col nome di un’altra,
ma la fonte originaria assume un complesso di analogie proprie del
referente metaforico, come se mettesse ordine nei nostri pensieri
rendendo più efficace una semplice descrizione letteraria,
illuminando una intuizione o una combinazione di idee. George Lakoff,
professore di linguistica cognitiva alla Università della
California, nel suo libro “Metafora e Vita Quotidiana” scritto in
collaborazione con Mark Johnson, pone la centralità della metafora
nella società e nel pensiero oltre alla sua importante posizione
nella cultura dei paesi sviluppati. Definisce le metafore come una
costruzione concettuale centrale per lo sviluppo del pensiero e
afferma che “il nostro ordinario sistema concettuale nei cui
termini pensiamo ed agiamo, ha una natura fondamentalmente
metaforica”. Per Lakoff, maggiore è il livello di astrazione, più
strati di metafora sono richiesti per esprimerlo. Tutto il nostro
linguaggio è infarcito di metafore. Il pensiero non metaforico
riguarda invece la realtà puramente fisica. Nella teoria della
“mente incorporata” egli pone il corpo umano come “ontologia
fondamentale” affermando che qualsiasi tipo di cognizione umana
inizia dal corpo, fa uso cioè di strutture concrete: sistema
sensorimotorio, sistema percettivo, intuizioni che sottostanno a
capacità di movimento, interazioni con l’ambiente. I nostri
cervelli, egli dice, ricevono l’input dal resto dei nostri corpi,
“il modo in cui essi funzionano nel mondo, struttura i concetti che
usiamo per pensare ciò che ci permettono i nostri cervelli
incorporati”. La metafora dal canto suo non può essere considerata
una costruzione puramente linguistica, ma la base del nostro sistema
concettuale nel quale ogni pensiero o agito ha fondamentalmente una
natura metaforica.
SINESTESIA
Una
musica dolce, il colore del vento, l'aspro odore del vino di casa, il
calore del tuo sguardo.
L’uso
della sinestesia, particolare forma di metafora, dà alle parole un
significato che va aldilà del loro significato letterale e permette
di elaborare un concetto invadendo il campo di un altro concetto. La
sinestesia collabora con la metafora ad illuminare una intuizione e
sottolinea nella dimensione cromatica, uditiva, olfattiva, tattile,
visiva ed emozionale il soggetto da analizzare ponendo le dimensioni
eidetica e topologica in secondo piano. Quando siamo di fronte a
qualcosa di nuovo, difficile da definire, lo confrontiamo con il
bagaglio delle nostre esperienze.
MATTINA
M'illumino / D’immenso
Giuseppe
Ungaretti
Wassily Kandinsky, Composizione VII, 1913 |
Il
dominio di una conoscenza applicato ad un altro dominio di
conoscenze, offre nuove percezioni e conoscenze. Quando la sinestesia
si manifesta automaticamente come fenomeno percettivo e non
cognitivo, si ha la “sinestesia pura”. E' un fenomeno
involontario che, se evocato con consapevolezza, può essere un
vantaggio, ad esempio per un compositore o per un pittore o un poeta.
Vasilij Kandinskij sentiva la voce dei colori che per lui erano
suoni. Il compositore russo Nicolaevic Skrjabin del quale ricordiamo
l’opera più famosa “Prometeo: il Poema del Fuoco” sperimentava
con il pubblico le contaminazioni contemporanee di suoni e colori.
Era convinto che quando si percepiva il colore giusto con il suono
perfetto si creava un potente risonatore psicologico per
l’ascoltatore. Era affetto da sinestesia Leonardo da Vinci come il
4% della popolazione, quasi tutti artisti e con delle affezioni
particolari come il mancinismo e la dislessia. In poesia la
sinestesia già presente nella letteratura antica diviene
particolarmente importante con i poeti simbolisti dell’800 e del
'900. In una poesia Baudelaire percepisce il profumo col tatto, col
gusto, con la vista. “Esistono profumi freschi come carne di bimbo,
dolci come gli òboi, e verdi come praterie” scrive ne “I Fiori
del Male”. Nella poesia dedicata alla madre morta, Giuseppe
Ungaretti usa le forme poetiche tradizionali ma chiude con una
sinestesia che dà sollievo al dolore della solitudine in un sospiro
di tenerezza percepito attraverso il ricordo di uno sguardo:
Ricorderai
di avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro.
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