TEMPO DI UCCIDERE - PARTE PRIMA - IL FESTIVAL DI SANREMO

«Ho visto alla televisione una delle serate di Sanremo. Ero a cena in casa di amici e non ho potuto sottrarmi. Questi amici intendevano vedere la trasmissione per ragioni di studio, essendo psicologhi e interessati ai fenomeni della cultura di massa. Alla fine mi sono accorto che a loro quella roba piaceva. Il fatto che a cantare fossero dei giovani, serviva a garantirli che la loro approvazione rientrava nell’aspetto giovanile del fenomeno. La verità è che a me lo spettacolo, non so più se ridicolo o penoso, di quella gente che urla canzoni molto stupide e quasi tutte uguali, lo spettacolo mi è parso di vecchi. Comunque, se la gioventù è questa, tenetevela. Non ho mai visto niente di più anchilosato, rabberciato, futile, vanitoso, lercio e interessato. Nessuna idea, nelle prole e nei motivi. Nessuna idea nelle interpretazioni. E alcune mi venivano segnalate come particolarmente buone. C’era un tale per esempio, coi capelli alla bebè che sembrava protestare contro il fatto che malintenzionati gli tirassero delle pietre. Non si capiva perché si lamentasse tanto. Avrebbe voluto che gli tirassero delle bombe? Oppure? Che un tipo simile venga lapidato dovrebbe essere normale. È brutto, sporco e probabilmente velenoso. So bene che è inutile lamentarsi sui risultati di una politica produzione-consumo. Interessi economici molto forti possono modificare non soltanto il gusto, ma la biologia di un popolo che cade in questa impasse. La trasmissione era ascoltata, dicono, da 22 milioni di telespettatori, che è a dire tutta l’Italia – il paese dei mandolini».
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La critica, seppure attuale, è di Ennio Flaiano ed è tratta da Diario degli Errori (curiosamente Diario degli Errori è anche il titolo di una canzone sanremese di Michele Bravi, un altro presagio funesto).
Le pietre a cui fa riferimento sono quelle di Gian Pieretti ed Antoine del Sanremo 1967.
Assemblo i titoli delle canzoni arrivate in quella finale e sembra nascere una poesia.
Un addio a Luigi Tenco, alla canzone esclusa, alla musica.

Ciao Amore Ciao
E allora dai/La rivoluzione
Dove credi di andare/Cuore matto
Non pensare a me/Quando dico che ti amo
Io per amore/Io, Tu e le Rose
L'immensità/Proposta
Per vedere quant'è grande il mondo
Pietre
Bisogna saper perdere
La musica è finita

Brilla solo l'ironia del signor G.
Ma la musica è davvero finita, e ho le prove.
Nel 1968 la Giuria di Sanremo non seleziona la canzone più bella di sempre, “Meraviglioso” di Domenico Modugno.
Fu ritenuto sconveniente il testo, che accennava al suicidio, ingiustificabile dopo il suicidio di Tenco.
Eppure il testo della canzone parla di come superare il problema attraverso l'amore, unica chiave necessaria per apprezzare il valore di tutto ciò che ci circonda. Così l 'edizione del 1968 fu vinta da Canzone per Te di Sergio Endrigo, ultima tra le cover di quest'anno nell'interpretazione di Bugo/Morgan.


Ennio Flaiano oltre alle riflessioni su Sanremo 1967 e alle meravigliose sceneggiature per il cinema (collaborò in tanti film di Fellini, Pescara -la sua città natale- ospita una manifestazione e un premio alla sua memoria per i migliori soggettisti e sceneggiatori) fu autore di un unico romanzo che vinse la prima edizione del Premio Strega, il premio letterario più prestigioso d'Italia.
Tempo di uccidere racconta la storia di un ufficiale del Regio Esercito che uccide una ragazza del luogo dopo un incontro intimo, scoprendo più tardi che la ragazza aveva la lebbra.
Se attraverso “Diario degli Errori” ho trovato una critica al Festival valida per tutte le edizioni, “Tempo di Uccidere” è una brillante metafora su come approcciarsi al Sanremo attuale.
La musica si è evoluta dal 1967 e ha creato mondi e generi musicali sempre più diversi.
Il Festival della Musica Italiana ha subìto una metamorfosi, trasformandosi nel Festival di Sanremo, un grandioso strumento di raccolta pubblicitaria dove la musica fa da sfondo a una rassegna sul costume italiano. Contano le visualizzazioni. La qualità è piegata alla legge di mercato, gli interpreti devono garantire la copertura di ogni fascia d'ascolto. Mummie, neo melodici, allegre combriccole, gruppi pop, rocker, casi umani, casi disperati, cantanti indie, rapper e fuoriusciti dai reality.
Tutti insieme, appassionatamente, ad alimentare esternazioni politiche, scandali, critiche.
A veicolare vestiti, gioielli, scarpe. A dare argomenti a trasmissioni televisive, a giornali di gossip, a siti internet. Gli idioti non hanno paura di uscire allo scoperto perchè sono coperti da altri idioti che urlano, imprecano, si agitano. Mentre il circo fa sfilare sul tappeto rosso gli animali del palcoscenico.
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Ogni anno il rito si ripete e il Gruppo d'Ascolto del quale faccio parte lo sa bene.
E' tempo di Uccidere.
Uccidere metaforicamente il Festival e tutto il suo contenuto, sparare a zero sul Circo del Consumo.
Far uscire quella parte di me che ho trattenuto per un anno.
Imprecare come non ci fosse un domani, senza pietà, senza guardare a ciò che potrei salvare. 
C'è tempo per questo.
L'Angelo della morte deve portare a termine il compito assegnato.

La vita è solo un'ombra che cammina,
un povero attorello sussiegoso
che si dimena sopra un palcoscenico
per il tempo assegnato alla sua parte,
e poi di lui nessuno udrà più nulla:
è un racconto narrato da un idiota,
pieno di grida, strepiti, furori,
del tutto privi di significato!
W. Shakespeare, Macbeth, Atto Quinto, Scena V

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