FUOCHI D'AMORE

Guardo lingue di fuoco che guizzano e crepitano.
Sembrano giocare a sovrastarsi l’un l’altra e rincorrersi ansiose di farsi strada.
Bruciano il breve tempo a loro concesso da pezzi di legno che prendono fuoco velocemente.
Ma hanno vita breve. 
Un ciocco del vecchio ulivo, un po’ di trucioli. 
La fiamma prende vigore.
Cerco di mettere ordine nei miei pensieri che come le fiamme del camino cercano una strada per esprimersi.
Penso al momento della nascita, prima forma d’amore che nasce contemporaneamente all’angoscia della separazione per entrambi: la madre e il bambino.
C’è un filo invisibile che collegherà l’esperienza del rapporto d’amore madre-bambino con la capacità nella vita di vivere il desiderio, il sesso, l’amore.
Nell’etimo della parola amore troviamo la radice ham che, già nel suono, riproduce il gesto dell’ingurgitare, ingoiare, quindi mangiare, mordere, divorare, mettere dentro di sé riproponendo l’originaria fusione con la madre.
Viene spontanea l’associazione con la sessualità adulta vissuta con amore. 
Il fuoco d’amore che coinvolge gli amanti li rende complici nella ricerca affannosa di creare insieme uno spazio di esenzione dalla ferita che la carne ha ereditato. 
Il sesso può definirsi una cospirazione a due che consiste nel perdersi in un tempo, purtroppo limitato, nel desiderio di offrirsi scambievolmente una tregua dal dolore della mancanza, tregua fisica del debito del corpo. 
Quando due corpi si uniscono, perdendosi momentaneamente l’uno nell’altro completandosi, si crea un’energia molto potente uno dei rari momenti in cui ci si avvicina al divino.
Nell’orgasmo c’è l’esperienza della perdita del Sé ma nel centro del vuoto dove l’io si perde, c’è pienezza, l’assenza diventa presenza. E’ un momento fondamentale della vita la cui riuscita dipende anche dalla capacità di riesperire in modo soddisfacente quella relativa indistinzione propria del campo perinatale. (Elvio Fachinelli, La Mente Estatica)
La sensazione di fusione totale rimanda infatti all’immagine del bambino al seno della madre quando è tutt’uno con essa, e nell’esperienza dell’orgasmo accade qualcosa di analogo al graduale distacco del bambino dalla madre, la differenziazione tra il ME e il NON ME.
E’ ben presente il dolore del distacco “ma funge da innesco efficace per il movimento inverso”, la possibilità cioè di potersi sentire artefice del proprio e dell’altrui piacere.
Nell’arco della vita vivremo innumerevoli volte il ruolo di chi conquista o di chi è conquistato, possiede o è posseduto; fin dall’infanzia cercheremo di vedere nell’altro il riflesso di qualcosa di noi, una risposta al nostro sentire. 
L’adolescenza è il periodo in cui trova maggiore spazio la fantasia e proprio dalla confusione del reale con l’immaginario nasce la passione resa concreta dal visibile, dalla possibilità quindi di sentire possibile il desiderio.
Il senso di frustrazione, se non si raggiunge l’obbiettivo, trova conforto nella fantasia.
I rapporti basati sull’immaginazione, nascono quando l’immaginazione sa innamorarsi della fantasia di un altro. (James Hillmann, Fare Anima)
Solo nell’accettazione dell’altrui desiderio troveremo una risposta al nostro, e non importa se talvolta il ricevere è inferiore al dare.
L’amore è insieme desiderio e paura, è un bagaglio diverso per ciascuno di noi, sta racchiuso e dilatato nel nostro mondo interno, informa di sé il nostro comportamento, e “lega laddove il Logos divide e illumina”, dice Jung. In questa affermazione non c’è conflitto né contrapposizione tra Eros e Logos, quanto piuttosto una consequenzialità temporale che apre alla rappresentabilità.
E’ come dire che se non c’è eros non c’è pensiero, non c’è affetto, non c’è relazione, non c’è vita. Non si dà la possibilità all’emozione e alla sensazione di entrare nel mondo del simbolico, quindi del linguaggio, (qualunque forma di linguaggio, verbale, musicale, pittorico, iconografico, ecc...).
L’eros abita l’immaginazione, e il possibile nell’immaginario è senza confini; i confini sono nell’eros rappresentato, che acquista spessore solo nella capacità individuale della mente di fruirne. Le energie prodotte dalla passione d’amore producono energie che non solo attraversano i corpi ma creano presenze e flussi non misurabili che possono dematerializzare le esperienze del mondo ed evocare vie di espansione della coscienza.
Qualsiasi forma d’amore ha sempre bisogno di relazionarsi con l’altro da sé.

Rimbaud, racconta Hillmann, vive la maggior parte della vita nella fantasia. Le vie che percorre tornando da scuola non sono le strade a lui note, ma il ponte di un vascello. L’acciottolato di Roma si trasforma nei sentieri dell’Acropoli. Il bisogno di esprimere quel fuoco che gli arde dentro lo porta a scrivere al suo maestro Bainville, celebre poeta del suo tempo. E’ il mese dell’amore, compirò 17 anni. C’è qualcosa dentro di me, non so che cosa, che vuole librarsi in alto”. Perché il pensiero e l’emozione trovino la forza di esprimersi in linguaggio Arthur Rimbaud ha bisogno della capacità percettiva di un altro da sé. Bainville non capisce, forse interpreta sconveniente la richiesta e non risponde. Arthur troverà nella relazione con Izambard, insegnante di poco più vecchio di lui, la corrispondenza nel cuore dell’altro di ciò che si muove nel suo.

L’eros non è solo carica sessuale ma innanzitutto carica emotiva che aiuta ad elaborare i segni espressivi della propria anima e, frantumando la realtà nell’immaginario, nel vuoto del mistero, apre la strada alla libertà e alla poesia. La lingua dell’anima riassume tutti i profumi, suoni, colori, pensiero.

Sognato per l’inverno
D’inverno ce ne andremo
in un piccolo vagone rosa
con i cuscini blu
Staremo bene
un nido di pazzi baci
riposa in qualche soffice angolo
Tu chiuderai gli occhi
per non vedere dai vetri
ghignare le ombre della sera
queste arcigne mostruosità plebaglie
di neri demoni e neri lupi
Poi sentirai la guancia scalfita
e un piccolo bacio
come un ragno folle
ti correrà per il collo…
e tu mi dirai “Cerca” inclinando la testa
e perderemo tempo
a cercare quella bestia
- che così tanto viaggia...
Arthur Rimbaud, In treno, 7 ottobre [18]70


J.M.W. Turner - Rain Steam and Speed -1844 - National Gallery

Elaborare i segni espressivi della propria anima, aiuta la spontaneità del segno rendendola perfetta come diretta da una guida interiore. Le energie primigenie che attraversano i corpi possono essere avvicinate a diversi concetti; diverse le une dalle altre, costituiscono le forme di un’energia che ha un senso concreto nella vita di ciascuno.
La sorgente di ogni forza è nella ricchezza del nostro mondo interno dove alberga l’Eros che dà all’essere umano la potenzialità di espandersi. 
Ce lo presenta Platone nel “Simposio”. 
Eros, figlio di Penìa (la povertà) e Poros (la mancanza e l’astuzia), è un intermediario tra gli uomini e gli dei. Semidio, con alcune caratteristiche demoniache, sceglie di abitare nell’animo dell’uomo e fa nascere in lui il desiderio della bellezza che lui non possiede. 
Ed è proprio questa condizione intermedia fra mancanza e possesso ad essere la condizione caratteristica dell’uomo. 
Il rapporto che c’è tra Eros e Bellezza è lo stesso che c’è nell’uomo tra Eros e verità. Pian piano, ci dice Platone, si insinua nella sua anima il desiderio di sapere, conoscere (filo-sophia). Nasce da qui la spinta a compiere un percorso, anche difficile, verso la bellezza e la verità.
Anche Freud nella “Teoria delle Pulsioni” usa il termine Eros facendo riferimento ai miti dell’antichità. La vita psichica appare dominata da due principi contrapposti: Eros, Il principio del piacere che domina le pulsioni e la loro soddisfazione e Thanatos, il principio di realtà che rappresenta ciò che è reale anche se spiacevole. Entrambi costituiscono la forma più profonda dell’ambivalenza dell’angoscia e del senso di colpa. L’Eros informa di sé l’universo; la sua forza colma una mancanza, consola, crea un ponte tra passato e futuro, crea quel sentimento intenso che spinge a cercare il possesso, l’attuazione di quanto possa appagare un bisogno, colmare l’angoscia della separazione, della mancanza e della frammentazione. Thanatos (che sotto l’influsso di Schopenhauer diventa identico al principio del Nirvana) è per lui il principio di costanza allorquando le eccitazioni dell’apparato psichico vengono non solo sgomberate ma estinte. Sembrerebbe che proprio il principio del piacere si ponga al servizio delle pulsioni di morte, perché ogni essere tende a tornare a uno stato preorganico, inanimato, intimo.
Tale tensione mi richiama l’estasi mistica che Sant’Agostino pone come meta naturale della ragione umana, l’esperienza mistica di San Bernardo la cui anima, abbandonando le forme del corpo, ritorna alla patria celeste, il fuoco d’amore di Santa Teresa d’Avila che, uscendo dal Sé si unisce all’Uno con la gioia di diventare nulla, solo pura luce di Dio che si riflette e la compenetra. La sensazione dello stato estatico come pure il principio del Nirvana, di derivazione buddista, che tende ad annullare la tensione provocata da ogni genere di stimoli e desideri, è analoga a quella di vivere uno stato di fusione che precede ogni separazione e rimanda alla funzione materna della réverie.
Una forma quasi estatica d’amore la troviamo anche in Proust il cui percorso può accostarsi a quello del mistico. Nella “Recherche” (Il tempo ritrovato) scrive: “Un minuto affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, per sentirlo, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo; come può temere l’avvenire?” Sono sensazioni di felicità, di piacere derivanti da situazioni appaganti del passato, che riemergono nella memoria, in situazioni analoghe del presente. E ancor prima di diventare coscienza lo avvolgono in una sensazione di eternità. C’è in Proust una percezione del divino che si manifesta come potenza interna aldilà dell’Io. L’intensità delle immagini emergenti soffuse di luce gioiosa lo introduce nella contemplazione dell’essenza delle cose stesse, ponendolo al di fuori del tempo.
Analogamente il “transumanar” dantesco è un percepire con sensi “modificati”.
I vari fenomeni e la purezza degli elementi, provocano in Dante la cancellazione della coscienza e della memoria.

Quali per vetri trasparenti e tersi,
o ver per acque nitide e tranquille,
non sì profonde che i fondi sien persi,
tornan di nostri visi le postille
debili sì, che perla in bianca fronte
non vien men tosto alle nostre pupille;
tali vid’io più facce a parlar pronte;
per ch’io dentro all’error contrario corsi
a quel ch'accese amor tra l’omo e'l fonte.
Dante (Paradiso, III, 10-18)

Dante definisce “lo statuto di un essere che sembra immagine riflessa e non è, sembra l’eco di una persona ed è persona. L’essere emergente è simile all’immagine di colui che si specchia nell’acqua - e nello stesso tempo è persona autonoma”. (cfr. Elvio Facchinelli, La Mente Estatica).
C’è a mio avviso la presenza in ciascuno di noi dell’elemento maschile e dell’elemento femminile. Il femminile è nel cuore di molte esperienze come capacità recettiva che non abolisce il maschile ma gli propone un mutamento parallelo. E’ come dire che il femminile ha in sé la capacità creativa ma ha bisogno del maschile che precede e segue l’atto creativo femminile, lo scruta, lo scava, lo sviluppa, lo trasforma in una ritmica alternanza di maschile e di femminile.
Purtroppo nella odierna cultura si ignora molto spesso che la sorgente dell’occhio percettivo possa essere l’occhio del cuore, che qualcosa si muova nel cuore aprendolo alla percezione dell’immagine racchiusa nel cuore dell’altro. Se si pone il desiderio soltanto su basi sessuali, non ci si innamora più della fantasia. La seduzione è manipolativa, manca la condivisione degli intenti, quella cospirazione a due della percezione creativa. Ridurre il fuoco d’amore al sesso occasionale non ha niente a che vedere con la libertà sessuale che è una conquista consapevole. Un percorso di evoluzione è uno stimolo creativo che nutre lo spirito, la fantasia, l’immaginazione e crea lo spazio per la memoria.
Le leggi della memoria purtroppo sono implacabili, la maggior parte dei nostri ricordi rimangono fuori di noi. Rinchiusi magari nelle fiamme del camino, nel rumore della pioggia, nel profumo di un fiore, nell’immagine di un libro, all’improvviso fanno capolino e ci colgono di sorpresa.
C’è soltanto la musica che come in una sorta di passaggio dal mondo della materia a quello dello spirito, risveglia intatte le emozioni aldilà del tempo, e quel piacere al confine col dolore che, come in un sogno, si poneva a metà strada tra la realtà e l’irrealtà, diventa dolce nostalgia.




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