SCIGGHIU, le porte del cuore
Tre mesi fa ho fatto una collana con un filo di nylon
trasparente alle cui estremità sono fissati i due apparecchi: è stata un’idea
brillante, non li ha più persi. E poi lui adora il momento in cui piega la
testa per farsi mettere la collana acustica, è come l’incoronazione di un re
che sta per acquisire un grande potere.
Andiamo. Lui sorride, mi segue senza chiedere nulla. Sale
in auto, sente il cicalino e si allaccia la cintura. Con il pollice sinistro solleva
la cintura e la tiene a debita distanza dal petto. Allora prendo la sua mano,
la accarezzo, la poso sul bracciolo.
La strada più breve per raggiungere il centro è la
tangenziale, ma preferisco le piccole stradine in mezzo agli ulivi e alle ville,
così possiamo guardare insieme i vitigni, i campi di grano, gli oleandri, i
grandi pini e gli animali che abitano la campagna. Una volta avevamo visto un
porcospino che correva lungo un muro e un’altra volta un lungo serpente nero che
ci attraversava la strada, ma eravamo rimasti in silenzio.
Mentre lo guardavo, i suoi occhi sembravano cantarmi una
canzone quasi d’amore.
Non starò più a cercare parole che non trovo
per dirti robe vecchie con il vestito nuovo,
per raccontarti il vuoto che al solito ho di dentro,
e partorire il topo vivendo sui ricordi,
giocando coi miei giorni, col tempo.
La prima volta che l’accompagnai al Centro avevamo
portato in regalo a Roberto il suo primo libro di poesie, scritto dopo la morte
di sua madre.
Allora il dolore gli era restato dentro. La poesia era il modo di
comunicare a se stesso il dolore e portarlo fuori.
Ora che le parole sono
imprigionate, il libro comunica per lui e porta fuori il suo antico splendore.
-Come ti chiami?
-Già, come mi chiamo?
-Ti chiami
Massimo.
-Lo so che mi chiamo Massimo.
-E dove sei nato?
-Dunque, sono nato a…
-A Milano, il 10 di luglio.
-A Milano, il 10 di luglio.
-Giusto, il 10 luglio 1934.
-Bene, e chi sono
io?
-Tu sei il mio amico.
Poco prima di arrivare al centro vedo un palloncino
dipinto su un muro.
Mi ricorda “La ragazza con il palloncino rosso”, una
delle opere più famose di Banksy che era apparsa su un muro di Londra nel 2002.
Più avanti incontro ancora lo stesso palloncino, con
la scritta scigghiu. Mia madre, che ha origini salentine, mi ha detto che scigghiu significa disordine.
Confesso di non aver capito il significato del murale.
Scigghiu d’amore, una canzone del gruppo salentino Ritmo
Binario, racconta di un sentimento fatto di tormento, paure, emozioni: un'amore
profondo, desiderato, in continua lotta tra cuore e ragione, che in Salento è semplicemente
"scigghiu".
Ma la storia della parola ha origini remote: nel
salentino, “sc” è ciò che rimane della preposizione latina “ex” e “gghiu” di “liu”. Scigghiu deriverebbe dal latino exilium, Scigghiàre
avrebbe il suo esatto corrispondente nell’italiano esiliare (e scìgghiu in esilio),
perché disordinare, fare confusione vuol dire allontanare
qualcosa dal suo solito posto, così come esiliare vuol
dire mandare lontano qualcuno dal luogo di vita che gli è abituale.
– Esilio è il mondo esterno.
Esilio è il mondo interiore.
E tu chi sei tra loro?
– Non mi presento
per paura di perdermi. E sono quel che sono.
E sono il mio altro in un dualismo
armonico tra la parola e il segno.
Se fossi poeta avrei scritto:
Sono due in
uno,
come le ali di rondine
e se la primavera tarda
m’appago d’annunciarla.
Ora comprendo il
messaggio di quel murale, sul muro di un vialetto per il centro diurno per l’Alzheimer -che forse ha quel nome non per caso-, e anche la sua collocazione, vicino ad un cartello di divieto di scarico.
Lacrime. Non è
tristezza, è felicità.
Io, il tuo amico,
ho afferrato un palloncino in tutto questo disordine apparente.
Sto imparando a
non buttar via nulla di questo breve viaggio che è come un tuo libro di poesia.
Mi sta insegnando un gioco, mi sta
insegnando amore.
Giocare significa fare esperimenti col caso. - Novalis, Frammenti, 1795/1800 - |
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